PADOVA - Una grande liberazione, emotiva e organizzativa, ma che non basta a risollevare le sorti degli esercenti, dopo due anni ancora immersi in un mare di difficoltà. Archiviare Green pass e mascherine (almeno per i clienti) è un sollievo per i titolari di bar, ristoranti e negozi, ma dopo i drammatici problemi imposti dalla pandemia adesso sono i forti rincari di materie prime e bollette a non lasciare tregua all’economia. Non solo a quella del commercio e della ristorazione, ma a tutte le imprese.
LE VOCI
«Finalmente possiamo tornare non solo a sorridere, ma a vedere i volti e i sorrisi dei clienti e dei nostri stessi colleghi – esordisce Fation “Tony” Ymeraj, titolare del bar Gancino di piazza Duomo – Non dover più chiedere il Green pass ed essersi liberati della mascherina è un gran sollievo. Il nostro mestiere non è solo servire il caffè o lo spritz, ma anche offrire una parola, un saluto, far sentire a casa il cliente». «Sicuramente si risparmia il tempo del controllo – fa eco Massimo Barbiero del Caffè Goppion di piazza delle Erbe – Il virus però non è sparito, per questo, specie in caso di affollamento, dietro al bancone continuiamo a indossare la mascherina. Speriamo invece che in autunno non si piombi nuovamente nel vortice del contagio».
Un timore condiviso da molti. Anche perché se la Pasqua e il Primo maggio, nonostante il tempo incerto, hanno visto bar e ristoranti piuttosto soddisfatti per il volume d’affari, per molte altre attività il periodo resta difficilissimo. «Mascherine, Green pass, poco cambia averli tolti. Il vero problema resta il non riuscire ad arrivare a fine mese – spiegano alla Boutique Casa di Eva Moretto – Affitti, bollette raddoppiate, clienti che sì, oggi prediligono i prodotti di qualità, ma che ormai non possono più spendere. La situazione politica internazionale e la guerra in Ucraina ci stanno mettendo in ginocchio. Il tutto dopo una pandemia in cui gli aiuti sono stati pochissimi».
Domenica, festa dei lavoratori, molti locali e negozi del centro sono rimasti aperti, data anche la presenza di turisti. Fra questi qualche malumore ha invece generato la chiusura dei Musei civici (erano aperti solo cappella degli Scrovegni e palazzo della Ragione), come però da tradizione e come annunciato sul sito web. Nonostante la pioggia pomeridiana comunque la mattina ha visto il centro riempirsi. «Il movimento è ripreso, si lavora bene anche con il servizio ristorazione, ma bisogna far sì che la città stimoli le visite, di padovani e non» conclude Tony Ymeraj.
«Stamattina (ieri, ndr) abbiamo tolto i cartelli sull’obbligo di mascherina e certificato verde, ma per scaramanzia non li gettiamo via – spiegano le commesse del negozio di calzature Meggetto – Di sicuro poter respirare liberamente quando in negozio non ci sono clienti e siamo distanziate è una comodità. Quando però ci sarà confusione confidiamo, anche se non è più un obbligo, nel buonsenso della gente. La pandemia non sembra affatto finita, quindi è bene non abbassare la guardia».
L’ALLARME
A riassumere i timori di aziende e imprenditori è Coldiretti Padova, che denuncia: «Il caro energia alimentato dalla guerra contagia i prezzi nel carrello della spesa, con aumenti che colpiscono duramente imprese e consumatori». Secondo i dati Istat di aprile elaborati dall’associazione rispetto allo stesso mese del 2021, i prezzi di cibi e bevande sono aumentati in media del 6,3%. «In cima alla classifica ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole – sottolinea Massimo Bressan, presidente provinciale di Coldiretti – con un +63,5% (l’Ucraina è uno dei maggiori produttori e l’import è bloccato). Seguono la farina (+17%), il burro (+15,7%), la pasta (+14%), verdura e frutti di mare (+12%) fino al +8,4% del pane».
Tutti costi lievitati per il consumatore, ma che per le aziende implicano aumenti per reperire le materie prime, i carburanti (+129% il gasolio per le aziende agricole), gli imballaggi, in una catena che si ripercuote sull’acquirente finale ma che travolge tutti i livelli dell’economia. «Bisogna intervenire per contenere il caro energia e i costi di produzione con interventi immediati e strutturali, per salvare le aziende e programmare il futuro» conclude Bressan.