La casa diventa ufficio: lavoro agile per 70 mila padovani

Giovedì 11 Febbraio 2021 di Gabriele Pipia
Boom di lavoratori in smart working

PADOVA - «Mi dispiace, i computer sono quasi esauriti.

Riprovate tra qualche settimana». Oppure: «Le stampanti? Ce ne sono rimaste pochissime, vi conviene fare in fretta». E poi ancora: «I monitor stanno andando a ruba, ne abbiamo appena ordinati altri».

Moltissimi padovani, negli ultimi mesi, si sono imbattuti in scaffali semivuoti e risposte di questo genere. La corsa all’acquisto di apparecchiatura informatica, ma anche di nuove scrivanie o sedie ergonomiche, ha una sola grande radice: l’esplosione dello smart working. Un anno fa il “lavoro agile” era ancora una rarità, ma oggi è una prassi sempre più diffusa e nei prossimi mesi potrà iniziare una nuova fase: da emergenziale a strutturale. Abituiamoci sempre più spesso ai dipendenti che lavorano da casa o - nelle forme più moderne e flessibili - dal mare o dalla montagna. Una situazione che in questo anno di pandemia ha interessato 70 mila lavoratori in tutta la provincia di Padova. 

LE IMPRESE
Per quanto riguarda il comparto privato prendiamo in esame i dati elaborati da Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, basandosi sui numeri nazionali dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il più autorevole in materia. I dipendenti delle grandi imprese che lavorano da casa sono 30 mila, quelli delle piccole e medie imprese 16 mila. Troviamo poi 21 mila lavoratori delle micro imprese. «Qui parliamo principalmente di smart working emergenziale, dove si lavora principalmente da casa - spiega Davide D’Onofrio, direttore padovano di Confapi - Siamo distanti dal concetto anglosassone, per il quale una persona può stare dove vuole. La sfida in ogni caso è grande: passare a lavorare ad obiettivi anziché a tempo». 
Interessante, per il comparto privato, anche un’indagine condotta da Assindustria lo scorso marzo, appena scattato il lockdown. Sette aziende manifatturiere su dieci hanno fatto da subito ricorso allo smart working per tutte le funzioni possibili, come misura di prevenzione e di sicurezza anti-contagio. Per il personale d’ufficio (amministrazione, commerciale-marketing e Ict) è stato previsto in molti casi il lavoro da remoto per una percentuale vicina al 100%. «Soprattutto nelle realtà maggiori il lavoro agile aveva già una sua diffusione - spiega Stefano Sancio, responsabile delle relazioni sindacali e del capitale umano - In alcuni casi si è accelerato un processo già in corso. In altri contesti invece l’inedita emergenza ha spinto lavoratori e imprese a superare diffidenze che ne avevano rallentato il ricorso. Oggi possiamo stimare che lo smart working riguardi il 60-70% delle imprese, per le funzioni possibili, ma con modalità diverse. Ora la maggior parte delle aziende ha adottato formule miste che coniugano il lavoro da remoto per due o tre giorni la settimana con quello in presenza. È opportuno ricordare - chiude Sancio - che non sempre il lavoro agile consente la stessa efficacia del lavoro organizzato in modo tradizionale. Talvolta dipende da limiti tecnologici: si pensi ai casi di software particolarmente evoluti che possono funzionare solo su determinati pc. In altri casi invece resta preponderante l’aspetto relazionale tra le persone».

IL PUBBLICO
Nel comparto pubblico padovano il lavoro agile coinvolge tremila persone. Sono 800 su 11.500 i lavoratori del comparto sanità (principalmente i dipendenti amministrativi di Azienda ospedaliera, Ulss, Iov e Azienda Zero). Sono un migliaio su 6.600 i dipendenti degli enti pubblici come Comuni (più difficile in quelli piccoli), Provincia e Camera di Commercio. Sono un altro migliaio su duemila quelli di altre realtà pubbliche come Inps, Inail, Agenzia delle entrate, tribunale e prefettura. I dati sono stati calcolati dalla Cisl e ora il segretario della Funzione pubblica, Michele Roveron, spiega: «Lo smart working è uno strumento innovativo che può avere tanti vantaggi. Può aiutare la produttività, portare un risparmio di energia e diminuire il traffico. Il sistema però va definito con regole e obiettivi chiari: per il post-Covid abbiamo chiesto al governo un confronto serio». 
Nel 2019 l’Ulss Euganea era stata la prima azienda sanitaria in Italia a varare un protocollo per lo smart working da adottare soprattutto per i dipendenti amministrativi con particolari esigenze personali. Nessuno immaginava che una pandemia avrebbe provocato questa accelerazione. 
 

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