VIGONZA ( PADOVA) - «Le prime cose che ci siamo detti? Non abbiamo avuto bisogno di dirci nulla, avevamo pianto tutte le nostre lacrime prima di vederci, ci ha raccontato molte cose Luca, ce le teniamo strette». Emozionato, stanco, e felice, Nunzio Tacchetto, padre di Luca, l'architetto 31enne appena rientrato a casa dopo un sequestro durato 15 mesi nell'Africa centrale, ha parlato così stamane, dopo un lungo silenzio, davanti alla sua casa di Vigonza. «Mio figlio deve riposare adesso - ha aggiunto -, è frastornato sta capendo adesso tutto quello che sta succedendo a causa del Coronavirus, sono stati 15 mesi lunghi e dolorosi». «Ringrazio tutti - ha proseguito -, ringrazio la Farnesina che ci ha sostenuti dall'inizio fino all'ultima telefonata, quella più attesa della liberazione. Ora ricominciamo una nuova vita, più uniti di prima». La famiglia Tacchetto non è ancora riunita, la mamma di Luca si trova in Australia dall'altro figlio maschio, Tommaso, che ha avuto un problema di salute. «Intanto però è tornata mia figlia più piccola dalla Francia - ha concluso Tacchetto - stiamo cercando di riunire tutta la famiglia, Coronavirus permettendo».
Il viaggio dei sogni trasformato in un incubo.
Una notte di cammino per fuggire ai rapitori
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