VILLA ESTENSE (PADOVA) - L’ex assistente amministrativa dell’Istituto comprensivo di Villa Estense, nella Bassa Padovana, dovrà risarcire il danno erariale causato con gli ammanchi nelle casse scolastiche. L’ha deciso la Corte dei conti, condannando Annamaria Farnesi Camellone a pagare 93.640,43 euro, con una sentenza che potrà essere appellata. Per il momento la Sezione giurisdizionale ha stabilito una pena inferiore di oltre 41.000 euro rispetto alla richiesta della Procura regionale, ritenendo che la 65enne di Pozzonovo abbia destinato all’attività illecita “solo” una dozzina di ore lavorative nell’arco di un triennio.
Accusa e difesa
I fatti erano avvenuti tra il 2018 e il 2021, quando Farnesi Camellone aveva svolto temporaneamente anche la funzione di direttore dei servizi generali e amministrativi. Dopo la segnalazione di anomalie contabili da parte del nuovo dirigente, erano scattate le indagini della Guardia di finanza, culminate nell’avvio di un procedimento disciplinare e di un’inchiesta penale. Il primo si era concluso nell’agosto del 2021 con la sanzione del licenziamento senza preavviso. La seconda era approdata nel dicembre del 2022 a Rovigo alla condanna in primo grado per peculato, al termine del giudizio abbreviato, a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Nel frattempo, dopo aver letto la notizia sul Gazzettino, la Procura regionale della Corte dei conti aveva a sua volta delegato alcuni accertamenti alle Fiamme gialle, arrivando infine a contestare un danno erariale pari a 135.267,49 euro, di cui 83.640,43 per l’indebita appropriazione delle somme e 51.627,066 per il disservizio reso all’Istituto comprensivo. In base alla ricostruzione dei magistrati, la dipendente avrebbe alterato i file di trasmissione dei flussi generati dal programma di contabilità in dotazione alla scuola, allo scopo di sottrarre gli importi di denaro in realtà destinati ai creditori, come fornitori di beni e servizi, consulenti dell’istituzione, famiglie che avevano anticipato i soldi delle gite scolastiche poi saltate a causa del Covid. «In particolare, con 76 operazioni fraudolente, la dipendente trasferiva vari importi dal conto corrente della tesoreria scolastica al conto corrente postale a lei intestato», ha riscontrato la Corte, affermando che la donna «approfittava scientemente, volontariamente e intenzionalmente, della funzione svolta e del ruolo ricoperto». Peraltro la diretta interessata aveva ammesso le proprie responsabilità, davanti ai carabinieri di Monselice e durante il procedimento disciplinare, «pur giustificando il proprio operato in ragione della grave situazione economica che lei e la sua famiglia si erano trovate ad affrontare», anche se poi non si era costituita nel processo contabile.
La stima
Sull’entità del maltolto, i giudici non hanno avuto alcun dubbio nella quantificazione della condanna, mentre hanno ricalcolato al ribasso il valore del danno da disservizio.
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