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Il ristoratore in trincea: «Da 230 pasti al giorno a zero. Con la mensa sarei felice di pagare fornitori e dipendenti»

Nordest > Padova
Giovedì 21 Gennaio 2021 di M.G.
Settimo ed Enrico Gallocchio
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PADOVA Di coperti ne ha fatti dal 1985. Però Settimo Gallocchio, titolare dal 2006 del ristorante pizzeria "Già Che Ci sei" a Cartura adesso ha il problema di lavorare. All'improvviso da 230 pasti al giorno a zero. E da lunedì scorso ha cominciato un'altra storia, quella del servizio mensa sostitutivo, tirando via 120 sedie.

Come funziona? «Abbiamo ridotto i tavoli, ora possiamo fare al massimo da 80 a 100 posti. E li copriamo al venerdì e al martedì soprattutto».

E a chi vi rivolgete? «Ci sono i camionisti che vedo mangiare in cabina al freddo. Con la teceta come una volta. Oppure alle aziende qui vicino, a chi fa movimento terra e anche agli operai delle ditte di calcestruzzi».

Con che modalità? «Beh facciamo i turni. C'è quello di mezzogiorno e quello delle 13 per quelli dei calcestruzzi che devono prima lavare i camion».

Chi entra? «Abbiamo i nominativi di tutti. Se viene un controllo sappiamo che abbiamo un contratto con la ditta per quel dipendente. I tavoli erano da sei ora sono da quattro, da tre e anche da uno».

Ci sono anche impiegati? «No perché le banche ci hanno detto che costavamo troppo».

Però. E quanto costate? «Pranzo completo primo, secondo, contorno acqua e caffè 13 euro. Oppure un primo o un secondo più contorno acqua e caffè 10 euro. Piazza e birra 10 euro».

Ci guadagna? «No ma sarei contento di pagare i fornitori e i dipendenti. Mi va bene non guadagnare perché so che si ripartirà alla grande».

Quest'idea di pensare positivo ha fatto la fortuna del Veneto... «Mio figlio Enrico ha 33 anni e non è molto convinto. Però ci sono tre serie di clienti. I fissi, gli ogni tanto e i girovaghi. I primi li perdi entro un anno perché si stancano, i girovaghi li vedi sì e no, gli ogni tanto sono i migliori ma se tenti di fermarli li perdi. Bisogna lavorare così».

E i dipendenti? «Ne avevo 14 ora siamo in quattro. Alcuni sono in cassa integrazione altri ho dovuto lasciarli. Se potessi li riprenderei subito».

Contento dell'azione delle associazioni? «Certamente, guardi che si sarebbe potuto fare da marzo. Ma alcuni hanno creato una grande confusione».

È solo nella sua esperienza? «No, ci sono altri due ristoranti qui a Cartura. Abbiamo deciso di metterci insieme e abbiamo studiato le carte. Poi abbiamo fatto la domanda in comune e preso i contratti. Così lavoriamo tutti».

Perchè una ditta dovrebbe privilegiare lei? «Le dirò. Oltre al menu c'è una cosa. Dieci anni fa ho fatto un impianto Tfo per il ricambio dell'aria, perché la gente si lamentava dell'odore di pesce fritto in sala. L'aria entra viene depurata dai filtri ed esce da una seconda conduttura. Ci crede che non abbiamo avuto più un'influenza? Proprio noi che siamo sempre a contatto con la gente. Ecco, ho mandato mail a tutti i politici, anche alla Casellati, ovviamente non mi ha risposto. Ma sono convinto che questo bisognerebbe fare». 

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