Il regista ucraino: «Sono una star in tv, ma a Padova non trovo una casa»

Lunedì 22 Maggio 2023 di Iris Rocca
Matt Evans

PADOVA - «Ho lavorato a uno spot del ministero della Cultura italiano e di recente, a “Porta a porta”, Bruno Vespa mi ha presentato come una star. A Padova invece non riesco neppure a prendere in affitto un appartamento». A parlare è Matt Evans, popolare regista e videomaker, padovano di adozione ma di origine ucraina, all’anagrafe Gennadii Kravchenko. «Ed è proprio il mio cognome a infastidire tutte le agenzie immobiliari che sto contattando, che mi rifiutano ogni genere di appuntamento, come accaduto alla ragazza reggiana di origine tunisina qualche giorno fa» ricorda.

La situazione

Il riferimento è all’episodio di discriminazione subito da una giovane, cittadina italiana, nella ricerca di un’abitazione a Padova, a causa degli annunci delle agenzie immobiliari preclusi agli stranieri, la cui lettera è stata resa pubblica dal sindaco Sergio Giordani. «Questo fenomeno discriminatorio del mercato immobiliare verso le persone di origine straniera è una forma di razzismo subdola e neanche troppo nascosta» accusa Matt Evans, 34enne che da quasi dieci anni risiede e lavora in Italia, al quale non sembra vero di tentare da tre mesi di parlare con un possibile proprietario di casa, ma di doversi fermare sempre alla prima telefonata alle agenzie. «Chiedo ripetutamente di avere almeno un appuntamento, di modo che, vedendomi, possano convincersi di che tipo di persona io sia, anche presentando eventualmente la mia dichiarazione dei redditi o quanto serve».
Sì, perché Kravchenko, regolare titolare di partita Iva, rappresenta ormai una figura professionalmente consolidata nel panorama video italiano e non solo.

Lo sfogo 

«Lavoro per un’azienda mondiale come GoPro, ma anche con brand del calibro di Kappa o Club Moritzino, oltre a fare video per influencer tra le più note, basti pensare a Giulia Calcaterra o Alice Basso, e videoclip per artisti internazionali come Alina Pash o Andrea Casta.

Tengo corsi di produzione video, montaggio ed editing molto frequentati proprio da ragazzi italiani. Ciò nonostante italiano ancora non sono, ma anche se lo fossi, alla domanda sulla mia cittadinanza ancora non sono mai arrivato nelle telefonate con le agenzie». A fare arrabbiare l’artista è per lo più l’atteggiamento discriminatorio degli interlocutori. «Mi sento dire che hanno già trovato un affittuario per annunci pubblicati da pochi minuti, che hanno cambiato idea, che non sono più interessati ad affittare. Qualcuno mi assicura che mi chiamerà a breve, ma non si fa più sentire e nessuno mai ha voluto incontrarmi. Insomma, qualsiasi scusa emerge esattamente nel momento in cui pronuncio il mio cognome. Pago le tasse in Italia, direi anche profumatamente, vista la professione che svolgo e la crescita del mio ruolo. Per assurdo contribuisco alla crescita di questo Paese e al reddito di cittadinanza di ragazzi italiani che hanno molta meno voglia di fare di me. Ciò nonostante, tutto questo non viene considerato».

Ad angosciare ulteriormente Gennadii è la guerra che ha travolto l’Ucraina, colpendo soprattutto la sua città d’origine: Kherson. «Lì ci sono ancora mia madre e mia sorella, fortunatamente allontanate dal confine con la Crimea in cui vivevamo per risiedere ora in zone più sicure. Sto collaborando a numerosi progetti di sensibilizzazione alla pace, non ultimo come ideatore e regista del video virale “We are Ukraine” presentato anche dal console onorario d’Ucraina per le regioni Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia alla Mostra del Cinema di Venezia, così come in Comune a Padova dal sindaco Giordani. Mi sono occupato di aiutare alcuni miei connazionali a trovare rifugio in Italia, assistendo al paradosso dei padovani che aprono le porte ad amici ucraini che scappano dalla guerra, dimostrando grande sensibilità, ma non affittano un appartamento a chi corrisponderebbe quanto dovuto solo perché originario proprio di quelle terre. È una ferita troppo grande per poterla spiegare a parole». Si zittisce così Kravchenko, dopo questa accorata richiesta di ascolto e rispetto. Abbassa la testa e sembra non riesca più a trasmettere le sue sensazioni. Questa volta i suoi video non bastano.

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Ultimo aggiornamento: 16:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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