Il profugo accusato di stupro: «Ma quale violenza, la ragazza ci stava»

Mercoledì 4 Dicembre 2019 di Marco Aldighieri
Peter Chiebuka
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PADOVA -  «Ma quale violenza sessuale, era consenziente». Così si è difeso, ieri mattina davanti al Gip Mariella Fino per l'interrogatorio di garanzia, il profugo nigeriano di 26 anni Peter Chiebuka dietro alle sbarre di una cella del Due Palazzi, accusato di stupro, sequestro di persona e rapina. «Ci siamo conosciuti attraverso Facebook - ha dichiarato al giudice - ed è stata lei a volere venire a casa mia». E ancora: «Abbiamo avuto rapporti sessuali consenzienti, poi quando le ho detto che doveva andarsene si è arrabbiata. Io non potevo ospitarla, perchè nella struttura dove risiedo ci sono delle regole precise da rispettare: nel mio alloggio non posso fare dormire nessuno. E comunque - ha terminato - le avevo giurato che sarei andato a Praga a trovarla». Il racconto del nigeriano non ha però convinto il Gip, che ne ha convalidato l'arresto e a anche la misura restrittiva in carcere.

Secondo l'accusa, rappresentata dal pubblico ministero Marco Brusegan titolare del fascicolo, il profugo avrebbe tenuta segregata la ragazza di 22 anni della Repubblica Ceca per undici giorni nella palazzina di quattro piani di via Mazzini a Tribano, gestita dalla cooperativa Edeco. La straniera un anno fa ha conosciuto su Facebook Peter Chiebuka. I due hanno iniziato a scriversi e lei si è innamorata: il profugo le ha proposto di raggiungerlo in Italia e sposarlo. Così, a metà novembre, la ragazza ha messo in valigia tutti i suoi averi (50 mila corone, pari a 2 mila euro) ed è salita a bordo di un Flixbus, destinazione Tribano. Peter, il richiedente asilo, è andato alla fermata della corriera per prenderla e accompagnarla a casa. E da questo momento, secondo l'accusa, sarebbero iniziate le violenze. La giovane ai carabinieri ha raccontato che: «La prima sera si è limitato alle avance. Ha iniziato toccandomi le braccia e il petto. Mi faceva mangiare poco, non mi permetteva di uscire. Mi urlava puttana e mi picchiava».

La ventiduenne, è riuscita a liberarsi nella giornata di sabato scorso, grazie a una distrazione del suo aguzzino: il nigeriano è uscito lasciando il cellulare nella stanza, lei l'ha preso e ha chiamato un amico in Francia che ha contattato i carabinieri e i militari sono riusciti a risalire all'abitazione dei profughi. La presunta vittima è stata visitata al pronto soccorso dell'ospedale di Schiavonia, e una volta dimessa ha raggiunto la Francia dove vive l'amico che ha contattato i carabinieri. Il 26enne nigeriano sul suo profilo Facebook si è fatto ritrarre in posa seduto su una Porsche, con vestiti alla moda, collane d'oro e in giro con gli amici per Padova. Uno specchietto per le allodole per far credere ad amici e familiari di aver trovato fortuna. Le indagini sul caso sono ancora all'inizio. La vicenda presenta molti punti oscuri, sui quali gli inquirenti vogliono fare piena luce. Gli investigatori dovranno appurare tutti gli spostamenti della ragazza e del profugo, ma non solo. Saranno passate al setaccio le loro conversazioni attraverso Facebook, con l'obiettivo di ricostruire nei dettagli la relazione nata tra i due. Inoltre verrà analizzato il telefono cellulare del richiedente asilo e interrogati tutti gli ospiti della struttura di Tribano. 


    

Ultimo aggiornamento: 09:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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