La straziante testimonianza di Alex: «Ho visto papà esanime a terra»

Giovedì 17 Gennaio 2019 di Barbara Turetta
La straziante testimonianza di Alex: «Ho visto papà esanime a terra»
SELVAZZANO - Martedì pomeriggio in azienda c'era anche il figlio minore di Peycho Georgiev, l'autista bulgaro di 56 anni morto investito da un collega nel piazzale della Ferrau. Alex, che da 8 anni lavora come operaio nell'azienda di Caselle, era intento a tagliare i profilati di ferro in un'ala del capannone, sul lato opposto del piazzale in cui si è consumata la tragedia. Anche lui, come i colleghi che erano in turno alle 14 di martedì, ha lasciato la postazione per correre a vedere cosa fosse accaduto, intuendo che si trattava di qualcosa di grave. Mai avrebbe immaginato di trovarsi davanti il corpo esanime del padre. «Stavo lavorando ai macchinari racconta il figlio ho visto i colleghi che si muovevano verso l'esterno, e immaginando che fosse accaduto qualcosa di grave, sono andato anch'io a vedere. Mi è bastato scorgere in lontananza il telone grigio del cassone del camion di mio papà per capire che poteva essergli successo qualcosa. L'ho visto per terra».
 
DOLORE STRAZIANTE
Sono ore difficili per la famiglia dell'autista bulgaro, che non riesce a spiegarsi come possa essere accaduto un incidente simile nel largo piazzale che si apre sul retro del capannone. «Mio papà era solito guidare il camion Renault - racconta il figlio - mentre l'altro mezzo pesante viene utilizzato solo per spostare il materiale all'interno dell'azienda. Il camion che usava mio papà era parcheggiato lì fuori, e lui si trovava sul retro del rimorchio per sistemare il telone. Di certo non si è accorto dell'Iveco che l'ha colpito da dietro, ma ci chiediamo come sia stato possibile non vedere mio papà che era lì davanti. Il piazzale è ampio, non riusciamo proprio a spiegarci come possa essere accaduto un incidente simile, ed è questo che ora vogliamo sapere».
Peycho Georgiev era arrivato da solo in Italia 15 anni fa e subito aveva trovato lavoro come autista alla Ferrau. In Bulgaria aveva lasciato la moglie Irina e i due giovani figli Georgi e Alex. Non appena si era sistemato, trovando casa a Teolo, aveva fatto arrivare in Italia il figlio maggiore: anche per lui c'era possibilità di lavoro nell'azienda di Caselle. Pochi anni dopo sono arrivati la moglie e il figlio più piccolo, che nel frattempo aveva ultimato gli studi. Anche per quest'ultimo l'opportunità di lavorare a Caselle. Ieri mattina alla Ferrau la produzione era ferma, e lo sarà anche stamattina. Nessun movimento all'interno dello stabile, mentre sul piazzale retrostante il capannone si può scorgere il camion Iveco, guidato dal collega trentenne di Polverara, e posto sotto sequestro dai carabinieri. Ancora in corso gli accertamenti da parte dello Spisal per capire l'esatta dinamica del drammatico incidente. Intanto oggi potrebbero essere decise alcune iniziative di protesta da parte dei sindacati. «Il 2019 inizia nel modo peggiore, con la prima morte sul lavoro in provincia di Padova ha dichiarato Aldo Marturano, segretario generale Cgil Padova - a livello nazionale siamo già a 21 decessi nelle prime due settimane di gennaio. Il 2019 inizia come è finito il 2018, anno nero per le morti sul lavoro. E non poteva essere altrimenti, visto che nonostante la mobilitazione dei lavoratori, che ha raggiunto l'obbiettivo, almeno qui in Veneto, della sottoscrizione del protocollo sulla sicurezza con la Regione, nessun punto di quell'accordo è stato fin qui tradotto in provvedimento concreto. A partire dall'assunzione di 30 nuovi ispettori negli Spisal».
Barbara Turetta 
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