Punta di trapano lasciata nel braccio,
paziente 40enne rischia la paresi
E l'ospedale non vuole risarcirla

Martedì 10 Marzo 2015 di Luca Ingegneri
Punta di trapano lasciata nel braccio, paziente 40enne rischia la paresi E l'ospedale non vuole risarcirla
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PADOVA - L’ortopedico avrebbe dimenticato la punta del trapano all’interno del braccio durante l’intervento di riduzione di una frattura. Non solo. Avrebbe posizionato una placca sovradimensionata rispetto alle effettive dimensioni dell’omero. È un caso di malasanità quello in cui è incappata una 40enne impiegata padovana, che ha subìto la lesione di tre nervi e combatte da oltre due anni con gravi limitazioni funzionali dell’arto, al limite della paresi. Come non bastasse, la poveretta si trova a dover fronteggiare una richiesta di archiviazione dell’inchiesta, senza aver ottenuto neppure un euro di risarcimento.



Tutto nasce da una banale caduta nei pressi della porta d’ingresso del centro commerciale Auchan di via Venezia. R. S. - queste le iniziali della donna - riporta la frattura dell’omero. Si sottopone all’intervento chirurgico per la riduzione della frattura. Pochi giorni dopo l’operazione sono gli stessi medici di Ortopedia a comunicarle che non è stato possibile rimuovere la punta del trapano dall’omero. La donna viene rassicurata. Non avrebbe patito alcuna conseguenza. Purtroppo, nonostante le terapie, il braccio continua ad essere rigido e con funzionalità limitata. L’impiegata chiede di visionare le cartelle cliniche, il 10 aprile 2013. Scopre così la presenza di una placca sovradimensionata e scatta la prima denuncia.



Ma è in piena estate che R. S. va su tutte le furie. Si trova a Bari in convalescenza quando effettua l’elettromiografia. L’esito dell’esame è raggelante: lesione del nervo radiale ed ascellare di destra. Inevitabile la seconda denuncia. Purtroppo il suo calvario non è ancora concluso. Il 5 dicembre 2013, durante la consulenza medico legale, viene a scoprire l’esistenza di una terza lesione, quella del nervo sovrascapolare.



Eppure un paio di mesi dopo arriva la richiesta di archiviazione a carico dell’ortopedico dell’Azienda ospedaliera che l’ha operata, il 62enne Giuseppe Taglialavoro. La consulenza predisposta dal medico legale Matteo Corradin non individua responsabilità ascrivibili al medico: «Le dimensioni della placca non inficiano il corretto trattamento della frattura» e ancora «il tipo di intervento non può aver prodotto lesioni ai tre nervi, ma è idoneo a ledere solo il nervo ascellare».



Conclusioni vivacemente contestate dal legale della donna, l’avvocato Paola Porzio, che ha ribadito la gravità del doppio errore dell’ortopedico e l’incredibile ritardo diagnostico della lesione dei tre tronchi nervosi. Le parti si sono date battaglia davanti al giudice Domenica Gambardella.



Ultimo aggiornamento: 16:50

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