Casa squillo con il "redditometro": tariffe diverse per ricchi e poveri

Mercoledì 24 Ottobre 2018 di Nicola Munaro
Una casa squillo
15
PADOVA - Quando lunedì pomeriggio i carabinieri hanno bussato alla porta dell’appartamento di via San Vincenzo de Paoli, Arcella, ad aprire si è presentata una donna cinese di 40 anni. All’inizio silenziosa e circospetta, con il passare dei minuti ha deciso di denunciare chi l’aveva portata fino a lì dalla Cina e l’aveva costretta a soddisfare le altrui voglie per guadagnarsi da vivere. È stato in quel momento che i militari di Padova hanno potuto ricostruire non solo la storia della donna, ma anche quella dell’appartamento, finito al centro delle denunce e delle continue chiamate da parte dei residenti della zona. Stanchi di assistere ad un continuo via-vai a qualsiasi ora del giorno e della notte. Perché quell’appartamento inserito in una palazzina residenziale e insospettabile, era diventato  un’alcova per la prostituzione. A gestirlo due donne cinquantenni, H.D. e S.H., anche loro cinesi, ora denunciate per sfruttamento della prostituzione.

IL RACCONTO
A raccontare ai militari dell’Arma quanto già loro stessi immaginavano, è stata la quarantenne che li aveva accolti. Nel suo racconto la donna è partita parlando di sé, dicendo di essere arrivata a Padova solo domenica, quindi da un giorno, dopo aver girato nei mesi scorsi per diversi laboratori tessili gestiti da connazionali nel nord Italia. Ai carabinieri ha confessato di essere entrata in Italia grazie ad un visto turistico - che scadendo, l’ha di fatto trasformata in una clandestina - e di aver iniziato a lavorare in laboratori. Turni massacranti uno dietro l’altro e condizioni di vita al limite delle possibilità umane. Poi, nei giorni scorsi, la proposta di cambiare vista e diventare prostituta, spostandosi a Padova.
LA PROPOSTA
Una proposta che la donna ha accettato anche per chiudere un capitolo difficile della propria vita. Così tre giorni fa è arrivato il trasloco nell’appartamento all’Arcella che le due connazionali avevano affittato da un padovano, ignaro di cosa succedesse all’interno di quella casa e quindi estraneo all’inchiesta dei carabinieri. Ma che quegli spazi fossero stati trasformati in un tempio dell’amore a pagamento, i militari l’hanno osservato con i propri occhi.
Delle tre stanze, una - quella della quarantenne - era stata preparata all’occorrenza. Nel verbale di perquisizione infatti i carabinieri hanno inserito decine di giochi erotici, preservativi e quanto potesse soddisfare la voluttà dei clienti. A cui la quarantenne, su consiglio delle sue datrici di lavoro, chiedeva un tariffario che andava da un minimo di 30 euro ad un massimo di 100 euro a prestazione. A far la differenza, non solo la durata concordata del rapporto e le richieste e le fantasie del cliente, ma anche l’aspetto degli stessi uomini che bussavano alla sua porta in cerca di sesso facile.
A chi si presentava in abiti eleganti - ha confermato la donna - il conto veniva alzato, procedimento inverso per chi, di primo acchito, sembrava in condizioni economiche precarie. Ma quanto guadagnato dalla prostituta fatta arrivare a Padova domenica scorsa, era tutto da dividere con le due connazionali, che di fatto vivevano dei guadagni della più giovane. Che per vivere aveva scelto di vendere il proprio corpo.
Ora il fascicolo sta per approdare in Procura, dove le donne verranno iscritte nel registro degli indagati.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 08:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci