Omicidio Guarniero un mistero lungo 3 anni, parla il fratello Danilo: «Vogliamo giustizia»

Lunedì 28 Marzo 2022 di Gabriele Pipia
OMICIDIO - Andrea Dindo Guarniero un giallo lungo tre anni

PADOVA - Le ha provate tutte e non si dà ancora pace. Impossibile mettersela via così, senza sapere cos’è successo e perché è successo. Daniele Guarniero è il fratello minore di Andrea, il quarantanovenne imprenditore ed ex rugbista padovano ucciso da due sicari la sera del 28 marzo 2019 nell’isola di Negros nelle Filippine. Continua a guidare l’azienda chimica di Mestrino e attende una telefonata che non arriva mai. 

Daniele, sono passati tre anni. Cosa sappiamo?
«Purtroppo quasi niente. Lì non è come in Italia, non c’è alcun processo indiziale. Nelle Filippine serve per forza una prova palese, schiacciante. O si trova l’assassino con la pistola fumante o niente. Non basta avere degli indizi per arrivare ad accusare una persona».
Lei che idea si è fatto?
«Sono state fatte tante ipotesi, quella degli affari era stata la prima a caldo perché mio fratello aveva il progetto di gestire un resort davanti alla barriera corallina, ma poi non saprei che dire. Assieme a mia madre continuiamo a vivere questa situazione con grandissima sofferenza. È una situazione irrisolta, non si è mai conclusa e questo ci fa vivere ancora più male. Se ci fosse stata l’individuazione dell’assassinio oppure una formale archiviazione forse ci saremmo messi l’anima in pace, invece questo silenzio è ancora peggio e disturba proprio la nostra esistenza». 
Avevate messo perfino una grossa taglia per chi avesse fornito indizi utili alla polizia filippina. Niente da fare?
«Purtroppo nemmeno quella è servita a niente. Quell’isoletta è a 15 ore di aereo da noi, parliamo di un Paese arretrato. Non ci sono telecamere di videosorveglianza come nelle nostre cittadine, l’indagine di fatto non ha mai potuto essere sviluppata». 
Il Ministero degli Esteri e l’ambasciata si sono fatti sentire?
«Non abbiamo più contatti da tempo. Io e mia madre siamo rimasti allibiti dall’assenza totale della Farnesina e dell’ambasciata (nel frattempo l’ambasciatore italiano è cambiato, ndr). C’è stato un silenzio totale, un silenzio davvero clamoroso». 
Avete più avuto rapporti con la moglie di Andrea? Risulta che fosse stata ascoltata dalla polizia e poi messa sotto scorta...
«Ci sono dei brevi scambi, ogni tanto, con mia madre su whatsapp. Niente di più».
È mai stato sul posto, nell’isola di Negros, a rendersi conto personalmente di quel contesto?
«No, io nelle Filippine non sono mai stato. Mia madre invece era volata lì assieme a mio zio quando era capitata la tragedia. Sono passati tre anni e ancora non sappiamo nulla...». 
A chi vi siete rivolti?
«A due avvocati filippini. Sappiamo che era stata creata una task force militare per occuparsi del caso ma poi il capo è morto per Covid e questo ha frenato le indagini. Indagini che in ogni caso sono lente, lì tutti i ritmi sono molto più lenti rispetto a quelli a cui siamo abituati in Italia».
Senza una spiegazione, resta il ricordo di suo fratello.
«Una gran bella persona, appassionatissima del rugby e della vela.

I ricordi dei nostri giorni insieme sono tantissimi e bellissimi, ora basterebbe solo conoscere la verità e avere giustizia».

Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 14:17 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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