Padova capitale dell'arte del Novecento: le mostre, dai futuristi a Wharol

Domani al centro San Gaetano si apre la rassegna sull'icona della Pop Art. Venerdì a Palazzo Zabarella la mostra sulla nascita dell'avanguardia

Mercoledì 28 Settembre 2022 di Nicoletta Cozza
Un'opera di Andy Wharol

PADOVA - Urbs Picta, ma non solo. Oltre al ciclo affrescato del Trecento, proclamato Patrimonio Unesco lo scorso anno, Padova, entrata a pieno titolo nel circuito delle città d'arte per flusso di turisti, da questo fine settimana propone agli appassionati anche due mostre di prestigio. Domani al Centro San Gaetano, debutterà la rassegna Andy Warhol. Icona Pop, che rimarrà aperta fino al 29 gennaio, con 150 lavori, tra disegni, fotografie, incisioni, serigrafie, sculture e postcards: un viaggio nell'eccentrico mondo dell'icona pop per eccellenza, curato da Simona Occioni, e organizzato da Daniel Buso ed Elena Zannoni. Dopodomani, poi, a Palazzo Zabarella, sempre nel cuore del centro storico patavino, si terrà la vernice della rassegna intitolata Futurismo.

La nascita dell'avanguardia 1910-1915, su iniziativa della Fondazione Bano, con la curatela di Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca, che offrirà una visione nuova sull'argomento, per scoprire una realtà artistica finora poco svelata, narrata stavolta da un percorso espositivo costituito da 130 opere suddivise in 6 sezioni tematiche, a partire dal ritratto biografico del grande artista newyorkese. In entrambi i casi le aspettative sono da numeri record.

Wharol, le icone

L'esposizione dedicata a Warhol, si sofferma sulla rappresentazione che l'artista propone della società e della cultura americane. Nel suo corpus di opere trovano spazio i marchi che popolavano l'immaginario pubblicitario diffuso negli States tra gli anni 60 e gli anni '70: per esempio, l'iconica zuppa Campbell. Accanto ai brand, Warhol rappresenta le icone dello spettacolo: ecco che compaiono il volto di Mick Jagger, di Sylvester Stallone o della star Marilyn che sono trattati come prodotti di consumo. Nel 1962 Andy da giovane artista alla Ferus Gallery di Los Angeles aveva inaugurato la sua prima personale, esponendo le rappresentazioni delle lattine Campbell's Soup, realizzate mediante serigrafia e acrilico su tela: i critici all'epoca stroncarono le sue composizioni come opere piatte e provocatorie, ma da quel momento il suo successo sarà inarrestabile. Warhol procede seguendo uno schema preciso: isolamento visivo dell'immagine, assimilazione del linguaggio pubblicitario, ripetizione e uso di colori chiassosi. Il procedimento svela la vera natura della modernità: il materialismo, la manipolazione mediatica, lo sfruttamento economico, l'irrefrenabile consumismo, il divismo e la creazione di falsi bisogni e false aspirazioni nelle masse. E la forza del suo stile riesce a superare la fama delle icone rappresentate. La minestra Campbell è ormai un pezzo da museo, Elvis e Mao sono superstar del Novecento; Andy Warhol è invece vivo e il suo modus operandi rivive quotidianamente nel mondo contemporaneo.

La mostra

Le 130 opere che animeranno le sale di Palazzo Zabarella, invece, appartengono a un arco cronologico ristretto, dal 1910, anno di fondazione del movimento, al 1915, quando la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell'Universo e l'ingresso in guerra dell'Italia, tracciarono un netto spartiacque nelle ricerche artistiche. Alcune raramente sono state esposte: provengono da gallerie, musei e collezioni internazionali. La mostra parte dalle radici simboliste del Futurismo e i legami con l'arte divisionista, grazie al confronto tra i lavori di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo, e quelli dei padri fondatori del movimento: da Umberto Boccioni a Giacomo Balla, da Gino Severini a Carlo Carrà, da Luigi Russolo a Mario Sironi. Un dialogo che attesta come questi primi futuristi siano accomunati da una formazione artistica legata alla tecnica divisionista. Poi si potrà scoprire lo Spiritualismo con la meraviglia di Stati d'animo di Boccioni del 1911 e altri capolavori di Balla, Russolo e altri. Di sala in sala si arriverà nel cuore della mostra, che vede protagonista il Dinamismo, con i quadri di Boccioni, Balla, Severini, Sironi, Carrà, Russolo e quelle di Gino Rossi, Gino Galli, Ardengo Soffici e Ottone Rosai. Ci si tufferà poi nella Simultaneità, con i lavori di Boccioni, Russolo ed Enrico Prampolini. Lo spirito rivoluzionario sarà il fulcro della Vita moderna, con opere ancora di Sironi, Carrà, Boccioni, Antonio Sant'Elia, Fortunato Depero, ma anche di Aroldo Bonzagni e Achille Funi. Nel percorso espositivo si indagheranno pure i temi della Tridimensionalità della scultura e del Polimaterismo dove, a testimonianza dell'utilizzo in arte di materiali diversi, troveremo Forme uniche della continuità nello spazio e Sviluppo di una bottiglia nello spazio di Boccioni, Complesso plastico colorato di linee-forza di Balla (appositamente ri-creato per questa rassegna poiché andato perduto) e le Marionette dei Balli plastici di Depero. Dopo una sezione sulle Parolibere l'esposizione si snoda fino a toccare il tema della Guerra, vista dai Futuristi come mezzo che permette di sbarazzarsi del passato. In esposizione ci saranno capolavori firmati Carrà, Balla, Sironi e Severini, e chiuderà il percorso appunto la Ricostruzione Futurista dell'Universo, con il concetto di arte totale' che ha trovato proprio con i futuristi la piena configurazione in seno ai movimenti d'avanguardia.

I meccanismi della ripetizione

«Tra le tante rivoluzioni che hanno trasformato l'arte nel secondo Novecento - ha sottolineato Andrea Colasio, assessore alla Cultura della città di Giotto - il movimento Pop è quello che ha annullato definitivamente le distanze tra l'opera e il pubblico. Il lavoro di Andy Warhol, in particolare, ispirato ai meccanismi della ripetizione, della riproducibilità di personaggi celebri e di prodotti d'uso quotidiano, ha raggiunto una notorietà universale. Lo stesso artista finì per trasformarsi in icona di se stesso, come intelligentemente recita il titolo di questa mostra che porta a Padova un'esperienza culturale insieme profonda e giocosa. Oltre 150 lavori esposti consentono di immergersi nel mondo di uno degli artisti più famosi e citati del XX secolo. Il Centro San Gaetano ancora una volta è sede di una mostra di rilievo, che testimonia peraltro un rinnovato interesse di Padova per l'arte contemporanea. «Questa dedicata la Futurismo - ha detto invece Federico Bano, mecenate della Cultura e presidente della Fondazione omonima - è la più bella mostra che sia mai stata fatta a Palazzo Zabarella, perfetta sia dal punto di vista culturale, che scientifico. Il concetto su cui si basa è nuovo, e considera divisionismo e simbolismo la parte genitoriale ispiratrice del Futurismo. Un legame di percorso davvero particolare».

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