Teolo. Oleh morto in guerra, una giornata sui Colli in suo ricordo

Oleh Dozydenko, ucraino di nascita ma padovano per quindici anni, è stato ucciso a 32 anni da un colpo di mortaio a Bahmut

Lunedì 20 Marzo 2023 di Lorena Levorato
Teolo, la commemorazione degli amici

PADOVA - Una grande foto di Oleh vestito da militare. Accanto, la bandiera gialloblu dell'Ucraina. Ieri mattina al passo Fiorine a Teolo una cinquantina tra amici, colleghi ed ex compagni di calcio amatoriale dell'Asd Vigodarzere, si sono radunati per ricordare Oleh Dozydenko, ucraino di nascita ma padovano per quindici anni, ucciso a 32 anni da un colpo di mortaio a Bahmut, in Ucraina, mentre trasportava altri feriti con un'auto blindata.

La giornata

Dopo averlo ricordato e aver osservato un minuto di silenzio, hanno sollevato i bicchieri e brindato al suo ricordo. Tutti con la morte nel cuore per quell'amico che all'improvviso, sei mesi fa, aveva deciso di lasciare tutto inseguendo la missione di difendere i confini ucraini dall'invasione russa. Sentiva forte il richiamo della patria e il dovere di difenderla. Ha perso la vita nei giorni scorsi e a Ernivci, dove ha vissuto prima di arrivare a Padova, è stato celebrato il funerale. «Mi sono emozionato nel vedere quanti amici aveva mio fratello e quanto gli erano tutti legati - ha detto il fratello Andriy -, è la conferma che è riuscito a farsi benvolere. Oleh era un ragazzo buono, altruista, disponibile. Sapeva davvero farsi voler bene e essere un amico vero». All'indomani della morte il presidente Zelensky ha inviato una toccante lettera alla madre Tamara, che tornerà in Italia tra qualche settimana. Gli altri tre fratelli sono rimasti in Italia, altrimenti avrebbero rischiato di essere arruolati. A tradurla in italiano, commosso, è stato il fratello Andriy. «Questa lettera è un segno di profonda gratitudine per il servizio altruistico - scrive Zelensky -. Mi inchino al coraggio, alla resilienza e al patriottismo del guerriero».

Il dolore

Oleh Dozydenko (chiamato Alek da tanti amici italiani) era in Veneto dal 2004 e aveva vissuto per 15 anni a Padova in piazza De Gasperi, studiando al Marconi e giocando a calcio con il Vigodarzere. L'ultimo anno si era trasferito a Rovigo dove lavorava in un magazzino Amazon e sei mesi fa aveva deciso di tornare in patria per combattere da volontario.

Dopo mesi lontano dall'Italia è morto a Bahmut. «Avrebbe voluto partire per la guerra già prima perché sentiva forte questo desiderio. Non lo ha fatto perché aveva dei finanziamenti e altre cose da chiudere qui in Italia. Una volta sistemato tutto ha deciso di partire senza pensarci due volte - ricorda Andriy -. Si era arruolato nel commissariato dell'ultima sua residenza in ucraina, Ernivci. Lo sentivamo di continuo: ogni giorno ci raccontava come andava e cosa provava. Dall'Italia gli mandavano pacchi con il cibo e altri prodotti. Io ho iniziato a preoccuparmi quando ho visto che non aveva più fatto accesso a Whatsapp. Due giorni dopo il suo comandante ha chiamato mia mamma. Al funerale c'erano lei e mio papà, che è in pensione ed era già in Ucraina. Io invece preferisco non andare e ho pensato di fare una bella grigliata con i suoi amici per dargli un bel saluto». Anche i compagni di calcio l'hanno ricordato: «I percorsi di vita hanno diviso le strade, ma in un modo o nell'altro i contatti si sono sempre mantenuti. Questo siamo: una famiglia. La follia umana della guerra ha portato via un ragazzo e ci ha tolto un componente della nostra famiglia. Riposa in pace Alek!». 

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