Il riscatto dei fratelli morti in un incidente a Monselice, l'amico: «Tre anni tra botte e torture per venire qui»

Giovedì 28 Luglio 2022 di Giovanni Brunoro
I fratelli Asbita morti in un incidente a Monselice
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MONSELICE - «I miei grandi amici Abderrahim e Mohamed erano degli angeli. Hanno sofferto insieme, si sono riscattati insieme e sono morti insieme». È affranto Icham, che per i fratelli Asbita era una persona di famiglia. Per loro che, partiti dal Marocco, hanno raggiunto l'Italia su un barcone. «Sono partiti dalla Libia e lo scafista ha distrutto loro i documenti - prosegue Icham - Li hanno torturati, picchiati, hanno subito sofferenze atroci.

Sono stati qui in Italia da irregolari per tre anni, poi hanno trovato un lavoro e aperto un'azienda assieme». Mentre erano clandestini, non hanno potuto nemmeno tornare in patria per dare degna sepoltura al loro padre.

Il lavoro come riscatto

Una storia di rinascita, ma anche di grande dolore quella di Abderrahim e Mohame Asbita, morti in un tragico incidente stradale alle 6:05 di martedì. Erano appena partiti da casa per andare in un cantiere a Bagnoli, ma per cause ancora da chiarire la loro Fiat Stilo è uscita di strada ribaltandosi e finendo in fosso. Abderrahim è morto sul colpo, Mohamed mentre lo portavano in ospedale. Trattiene a fatica le lacrime Icham, che conosce anche la famiglia di origine degli Asbita: «È gente poverissima. Non so come faranno ad andare avanti senza i soldi che i ragazzi mandavano ogni mese». Nella loro casa di Monselice, tutto è rimasto come lo hanno lasciato. Il calendario con gli orari delle cinque preghiere, affisso all'ingresso, indica subito che in quella casa abitavano dei fedeli islamici. Erano orgogliosi delle loro tradizioni Abderrahim e Mohamed. I fratelli erano qui da qualche tempo e, in qualche modo, si erano stabilizzati. Dormivano ognuno nella propria stanza, camere arredate con estrema semplicità, in funzione di esigenze basilari. Il letto, il comodino con il pacchetto di sigarette, le bollette pagate, il ventilatore e un tappetino per pregare: non c'è nulla di superfluo per persone abituate a partire all'alba e tornare a tarda sera, dopo una giornata rovente passata in cantiere. Se non ci fossero un divano e una televisione, anche il soggiorno sembrerebbe uno spazio anonimo. A parte loro, però, la gente va e viene. Si è trovato a gestire emozioni intense Youssef, giovane carpentiere di Casablanca arrivato lì alle 23 di martedì. Ha appresa della terribile fine dei connazionali quando ha portato su le valigie, rimanendo profondamente scosso: «Sono qui in Italia da un mese e cerco un futuro migliore. Dopo un breve periodo a Torino sono arrivato qui. Non oso immaginare il dolore delle famiglie di Abderrahim e Mohamed. Ora spero solo che li portino in Marocco e riposino in pace». Accadrà proprio così: non appena possibile, le salme saranno caricate su un aereo e raggiungeranno la loro El Kelâa, dove riceveranno un funerale islamico.

Ultimo aggiornamento: 13:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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