Sette anni fa il precedente di Rosario Sanarico: «Mio marito era convinto di trovare Isabella»

Domenica 5 Marzo 2023 di Gabriele Pipia
Rosario Sanarico

PADOVA - «Mio marito pescava senza bombole scendendo a 35 metri di profondità e poi è morto in fiume di 3 metri. Il destino è stato davvero assurdo...». Antonella Esposito è la moglie di Rosario Sanarico, il poliziotto campano del nucleo Sommozzatori morto nelle acque del Brenta il 20 febbraio 2016 mentre cercava il corpo (mai più recuperato) di Isabella Noventa

Antonella, il suo profilo Whatsapp riporta una citazione eloquente. “Comunque andare”...
«Sì, in qualche modo bisogna andare avanti perché mio marito ci ha sempre insegnato questo, ma per me e per i miei figli è stata una tragedia enorme.

Leggere ora la notizia di un altro poliziotto morto nel fiume a Padova ci ha riportato indietro nel tempo. Non riusciremo mai a farcene una ragione. Per me Rosario era tutto».

Mettere a repentaglio la propria vita fa parte dello spirito di ogni poliziotto?
«Mio marito ci credeva davvero, non aveva mai un momento di esitazione e sono certa che tornando indietro rifarebbe nuovamente tutto. Lui era partito per Padova convinto di trovare Isabella. Era fiducioso, voleva restituire quel corpo alla famiglia perché capiva l’importanza di poter andare a mettere almeno un fiore nella tomba». 

Cosa ricorda di quel giorno?
«Ero partecipe anche io, lo seguiva dalla televisione. Ci eravamo sentiti alle 14.20, mi disse: “Ora torno in acqua, a stasera”. Quando poche ore dopo ci ha chiamato un amico per comunicarci cosa fosse successo ci sembrava davvero impossibile». 

Cosa lascia a distanza di sette anni Rosario?
«L’esempio di non volersi fermare mai. Non si è mai risparmiato e ha sempre voluto partecipare ad ogni operazione con i colleghi sommozzatori, credendoci fino in fondo. Conosco bene quello spirito e lo ripeto: mio marito rifarebbe tutto. Immagino sia così anche per questo altro poliziotto padovano appena morto». 

E dopo sette anni lei come convive con questo dolore?
«Provo ad accantonarlo ma alla fine è sempre lì che salta fuori. Basta una canzone o una scena di un film e affiorano subito mille ricordi. È difficile, è difficilissimo. Ho perso un marito, un amico, un compagno di vita. Tutto». 

Suo marito era un sommozzatore e quindi era in acqua tutti i giorni. Lei lo percepiva come un mestiere pericoloso?
«Diciamo che quando lui mi annunciava che sarebbe partito per una nuova operazione io magari istintivamente e bonariamente lo rimproveravo. “Ma come? Vai via di nuovo?”».

E lui?
«In realtà io sapevo benissimo che lui amava troppo la divisa per poter anche solo immaginare di chiamarsi fuori da un’operazione». 

A Noventa Padovana nel tratto in cui suo marito è morto viene celebrata ogni anno una commemorazione...
«Parlare di lui e ricordarlo fa sempre bene anche se ammetto che venire a Padova ci porta inevitabilmente a riaprire quella ferita. Ci restano però anche tantissime cose belle».

Per esempio?
«Lui aveva lavorato anche in molte altre missioni, da quella sulla Costa Concordia a quelle con Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. Per rendergli omaggio è venuta in Italia addirittura una delegazione della polizia libica. Significa che ha lasciato davvero molto». 

E si torna sempre a quella sua frase nel profilo Whatsapp. “Comunque andare”...
«Ogni volta che parliamo di mio marito con i suoi vecchi colleghi vengono fuori tanti aneddoti e alla fine riusciamo anche a farci una risata ricordandolo con il sorriso. Nonostante tutto».

Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 14:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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