Mille giorni di pandemia. Quella telefonata da Schiavonia: «Il Covid è arrivato qui»

Giovedì 17 Novembre 2022 di Gabriele Pipia
Mille giorni di pandemia. Quella telefonata da Schiavonia: «Il Covid è arrivato»
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PADOVA - Mille giorni esatti. Due anni, otto mesi e ventisette giorni che hanno travolto e stravolto le nostre vite. Dallo scenario di guerra di Vo’ al ritorno alla normalità. Dalla prima zona rossa d’Italia agli alberghi strapieni di turisti di questo periodo. 
L’incubo inizia venerdì 21 febbraio 2020. C’è una foto che rappresenta nitidamente la tensione di una serata che cambierà tutto. Sergio Giordani, scuro in volto e preoccupato come mai lo avevamo visto nei suoi tre anni da sindaco, esce dalla sede dell’Ulss di via Scrovegni dopo il vertice d’urgenza con il governatore Zaia, il prefetto Franceschelli e le autorità sanitarie. «Stiamo seguendo con la massima attenzione il fenomeno del nuovo Coronavirus». Tre ore prima dall’ospedale di Schiavonia era arrivata la telefonata che nessuno si sarebbe mai aspettato: «Abbiamo i primi due casi». Poi, alle nove di sera, inizia un’infinita striscia di lutti: Adriano Trevisan di Vo’, 78 anni, si è arreso: è lui la prima vittima in Europa del nemico invisibile. 
Comincia così un lungo periodo vissuto sulle montagne russe a bordo di una giostra impazzita in cui si sono mescolate l’incredulità, il terrore e la speranza. Poi di nuovo la paura ma anche una nuova illusione. Mille giorni, accompagnati da mille sentimenti diversi, che entreranno nei libri di storia con Padova a giocare un ruolo da protagonista sotto tanti punti di vista. Qui è stato registrato l’epicentro veneto della pandemia. Qui opera una sanità d’eccellenza che ha dato un contributo fondamentale portando diversi suoi scienziati sull’onda mediatica nazionale. Qui sono arrivati i camion militari con la bare lombarde quando al cimitero di Bergamo non c’era più posto. E sempre qui sono esplose fortissime tensioni sociali per via della presenza di uno dei fronti “No Pass” e “No Vax” più caldi d’Italia, capace di scendere in strada ogni fine settimana per oltre un anno tra cori, striscioni e denunce. Ora che la giostra emotiva si è fermata è possibile ripercorrere tutto e riflettere. Cosa ci ha lasciato, mille giorni dopo, la pandemia? 

I PRIMI CASI
Fino alle 15.59 di venerdì 21 febbraio 2020 lo spettro dell’emergenza non si era ancora materializzato. I primi casi italiani erano stati scoperti tra il Lazio e la Lombardia, ma chi poteva immaginare che la prima vittima sarebbe stata un anziano signore residente in un minuscolo paesino incastonato tra i colli euganei? Adriano Trevisan, padre dell’ex sindaca di Vo’, non aveva fatto alcun viaggio in Oriente e non aveva alcun rapporto con la Cina. Passava i suoi pomeriggio giocando a carte alla Locanda al Sole con gli amici della Bassa Padovana. Poi, all’improvviso, inizia a respirare a fatica. Viene ricoverato in ospedale, risulta positivo al tampone e alle nove di sera si arrende in un letto della terapia intensiva. L’amico Renato Turetta, 67 anni, viene trasferito d’urgenza a Padova dove morirà il 10 marzo. È la seconda vittima. 

LE CHIUSURE
Nel frattempo succede di tutto. L’ospedale di Schiavonia viene blindato: per 24 ore non entra nessuno e non esce nessuno. Vo viene chiusa: tamponi di massa e posti di blocco, con tremila abitanti in quarantena per evitare il propagarsi del contagio. Il virus però corre, eccome se corre. Le società sportive si fermano, le scuole prima chiudono e poi adottano la didattica a distanza, intanto il sindaco Giordani firma un’ordinanza per vietare perfino l’accesso ai parchi. 
Domenica 8 marzo la provincia di Padova diventa zona rossa e il giorno dopo il premier Conte chiude l’Italia annunciando il lockdown nazionale. Saranno 69 giorni surreali in cui si mescolano incredulità e terrore, ansia e speranza. I padovani cantano ai balconi e cucinano le pizze in casa, mentre i bambini disegnano arcobaleni sui cartelloni e la protezione civile accende gli altoparlanti: «State a casa». 
In questa tragica primavera 2020 le vittime crescono in maniera impressionante e parliamo quasi sempre di anziani.

Al pensionato Scarmignan di Merlara i decessi sono addirittura 34: il numero di anziani ospiti viene dimezzato. Sono i giorni in cui a Padova arrivano le bare da Bergamo e le aziende sanitarie allestiscono in fretta e furia reparti per isolare i pazienti infetti. L’emergenza è totale. 

 



RIPARTENZA E RICADUTA
Il primo timido ritorno alla normalità è datato 18 maggio 2020, quando la discesa della curva induce il governo a terminare il lockdown. A Padova la ripartenza vede tra i propri simboli la reliquia di Sant’Antonio che il 13 giugno per la prima volta sorvola la città in elicottero evitando il tradizionale abbraccio con il corteo. L’estate dà tregua e consente di guardare con fiducia al futuro: lo ricorda il presidente della Repubblica Mattarella, arrivando a Vo’ per inaugurare simbolicamente l’anno scolastico della ripartenza. La fiducia ha il volto di quei bambini. 
L’illusione della normalità però dura poco. Tra l’autunno e l’inverno 2020 il virus picchia ancora più duro di prima, colpisce in maniera fatale anche tante persone di mezza età e porta al limite le terapie intensive. Medici di base e farmacie vengono presi d’assalto mentre gli ospedali sono quasi al collasso. I morti raggiungono il migliaio: c’è chi era già debilitato e non è riuscito a resistere e chi invece era in perfetta salute quando l’infezione lo ha ucciso. Sono i giorni neri in cui la fiducia estiva si trasforma in un grande interrogativo: «Ne usciremo? Quando?». Nessuno ha la risposta. 
È questo il contesto in cui inizia una nuova fase, quella della campagna vaccinale. Non scorderemo il sorriso di Alice Soldà, infermiera di Schiavonia, in quello storico 27 dicembre. E poi quello degli anziani, degli insegnanti e di tutte le altre categorie che mano a mano arriveranno a vaccinarsi. La risposta adesso arriva sempre più convinta: «Sì, ne usciremo». 
Sorrisi, ma non solo. Il 2021 è accompagnato anche dalle difficoltà scolastiche legate alla didattica a distanza e dall’escalation dei movimenti No Pass e No Vax che si oppongono alla «dittatura sanitaria» e alla sospensioni dei sanitari non vaccinati sfilando per le strade del centro ogni fine settimana per oltre un anno. Iniziano il 24 luglio con cinquemila persone e non si fermeranno più, provocando prima le lamentele dei commercianti e poi l’intervento di prefetto e questore: mai più cortei simili nel cuore della città. 

FUORI DAL TUNNEL
Solo nel 2022, con la progressione della campagna vaccinale e l’allentamento delle misure restrittive, Padova può guardare avanti con vero ottimismo. Lo fa tornando ad ospitare dopo tre anni un grande concerto allo stadio Euganeo, quello di Cesare Cremonini davanti a quarantamila persone in delirio. Lo fa tornando a festeggiare il Ferragosto con i tradizionali fuochi d’artificio: la sera del 15 agosto in Prato della Valle piove a dirotto ma è troppo forte la voglia di ballare, divertirsi e lasciarsi alle spalle il tunnel. 
Le scene degli ultimi fine settimana, con la città presa d’assalto dai turisti e le lunghe code ai musei, testimoniano il ritorno a quella agognata normalità. Una normalità, però, sempre e comunque condizionata da ciò che abbiamo vissuto negli ultimi due anni e mezzo. I disagi psicologici sono aumentati a dismisura nella popolazione interessando sempre più minori, l’attenzione alle sanificazioni è ben più alta che in passato e intanto moltissime attività lavorative vengono eseguite ancora da remoto. L’eredità della pandemia sta nella nostra quotidianità. 

LA SITUAZIONE
Da quel 21 febbraio 2020 ad oggi i casi di contagio ufficialmente registrati in provincia di Padova sono 484.578, un numero che rappresenta la metà della popolazione totale (ma va considerato che tra questi numeri compare anche chi si è positivizzato anche due o addirittura più volte). I decessi invece sono stati 2.527. Se nel periodo di massimo picco all’inizio del 2022 eravamo arrivati a superare quota 50mila positivi, ora siamo 10.656 positivi con 1.389 casi nelle ultime 24 ore. Ieri il dg dell’Azienda ospedaliera Giuseppe Dal Ben ha evidenziato un altro aumento: +13% di nuovi casi rispetto ad una settimana fa e in un caso su cinque si tratta di reinfezioni. All’ospedale padovano sono ricoverati 83 positivi, di cui quattro in terapia intensiva, ma il 70% non presenta sintomi del virus. Ad oggi ha ricevuto almeno una dose del vaccino l’87% della popolazione residente nel Padovano e si ripetono gli appelli per le dosi di rinforzo. Convivenza con il Covid: mille giorni dopo Schiavonia, è questo il nuovo mondo. 
 

Ultimo aggiornamento: 17:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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