Lo "schiaffo" di Emma nel silenzio dell'aula magna: «Noi studenti sfruttati, tra privilegi e precarietà del lavoro»

Venerdì 20 Maggio 2022 di Silvia Moranduzzo
Emma Ruzzon, presidente consiglio studenti, durante l'intervento nell'aula del Bo
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PADOVA - È stato uno schiaffo. Gli occhi di qualcuno si sono spalancati, altri hanno sollevato le sopracciglia. Il discorso della presidente del consiglio degli studenti, Emma Ruzzon, è stato duro. Nell'austera sala del Bo non è volata una mosca. Ha richiamato il concetto di libertà che viene negato dal privilegio, facendo riferimento alla bocciatura del Ddl Zan.

Ha fatto riferimento ai Paesi e ai popoli che ora non sono liberi, ha richiesto attenzione ai giovani. Poco o nulla Ruzzon ha detto sulla storia dell'Ateneo, sulla lotta per la libertà che studenti come lei hanno portato avanti, anche a spese della propria vita.

IL MOTTO
«Ci troviamo oggi a celebrare per l'ottocentesima volta l'inaugurazione del nostro Ateneo, un momento glorioso e storico di un'Università che ha per motto e per vanto Universa universis patavina libertas: tutta intera, per tutti, la libertà nell'Università di Padova - ha detto - Mi chiedo però cosa significhi in realtà. Mi chiedo, in particolare, se si possa circoscrivere il concetto di libertà accademica alla sola libertà formale, giuridica e politica, di istruirsi e fare ricerca. Forse no, se scienza e ricerca continuano, e aumentano, il loro essere subalterne a dinamiche di profitto che niente hanno a che vedere con la ricerca stessa. Forse non è libera l'istruzione in un Paese in cui l'accesso alla carriera universitaria è ancora appannaggio di pochi privilegiati; se il nostro è uno dei sistemi di tassazione più alti d'Europa e, di contro, solo il 29% della popolazione giovanile riesce a laurearsi, penultima nell'Unione».

I PROBLEMI
Poche borse di studio, pochi fondi per il diritto allo studio, le residenze, le mense. Una stoccata dietro l'altra: «Ci viene insegnato che studiamo per poter lavorare, e non per accrescere la nostra cultura, per poi ritrovarci in un mondo del lavoro che ci chiede di ringraziare per l'opportunità di essere sfruttati, perché è così che si fa esperienza, e in cui dobbiamo augurarci di non essere una delle tre morti sul lavoro del giorno. Ci dicono che le opportunità ci sono, che è il merito quello che conta. Sono desolata, ma temo sia un'affermazione che non trova riscontro nella realtà. Mentre i giornali lodano chi consegue egregi risultati, nella pagina a fianco riportano storie di studentesse e studenti che durante il loro percorso di studi compiono il gesto estremo, scelgono volontariamente la morte».


In Aula Magna il silenzio avvolgeva i presenti. Tutti gli occhi erano puntati su Ruzzon che ha chiesto: «Quanta importanza viene attribuita ai numeri, ai posizionamenti, ai punteggi statistici? E quanta invece al benessere delle persone che vivono in questi spazi? Quanta alla loro, alla nostra, salute psicologica? La risposta è scontata, se questa è ancora privilegio dei pochi che se la possono permettere. Parlando di privilegio, mi domando come possa considerarsi libero un paese in cui la libertà è garantita nella sua totalità ad alcuni e centellinata per altri; in cui delle senatrici e dei senatori della Repubblica possono permettersi di applaudire pubblicamente l'affossamento di un disegno di legge che, pur in minima parte, mirava a tutelare la libertà di esistere di persone, cittadini; in uno stato che continua a chiudere gli occhi davanti alla sua evidente transfobia mentre conta il più alto tasso di omicidi di persone trans in Europa».

IL CONCETTO
E a questo punto ha pronunciato un concetto che poi è stato ripreso dal presidente della Repubblica: «Non c'è libertà per qualcuno se non c'è libertà per tutte e tutti. Oggi più che mai per il popolo ucraino, ma anche per quello yemenita, per quello palestinese, per quello siriano e per tutti i popoli oppressi e subalterni. Ecco, se ora finalmente voleste chiedere a noi, alla mia generazione, come stiamo, credo che difficilmente potremmo rispondere che ci sentiamo una generazione libera, quantomeno di poter immaginare il futuro». E infine, l'appello: «Care istituzioni, non chiedete a noi di avere coraggio; noi ci faremo forza, ci uniremo, lo stiamo già facendo. Care istituzioni, abbiate voi il coraggio di guardare davvero al futuro, cercando di rimediare agli errori del passato. Abbiate il coraggio di chiederci come stiamo, e di assumervi la responsabilità della risposta. Abbiate il coraggio di ascoltarci».

Ultimo aggiornamento: 21 Maggio, 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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