Il sindaco leghista critica i suoi vertici, Salvini: «Va cacciato»

Lunedì 17 Gennaio 2022 di Angela Pederiva
Marcello Bano e Matteo Salvini
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PADOVA - Pensare che ieri la Liga Veneta avrebbe pure compiuto gli anni. Per la precisione 42, da quel 16 gennaio 1980 in cui a Padova veniva costituita «una associazione partitica» che si rifaceva «ai princìpi del federalismo integrale», soci fondatori pionieri quali Achille Tramarin e Marilena Marin. Ma non è stata una giornata di festa per il partito, scosso com'è dalle tensioni nei confronti dei vertici, già emerse con le affermazioni dell'europarlamentare Gianantonio Da Re e poi deflagrate con le dichiarazioni del sindaco Marcello Bano, sul quale il segretario federale Matteo Salvini avrebbe ormai pronunciato un verdetto inappellabile: «Questo va cacciato fuori».


LE PAROLE

A pesare sono le parole. Quelle di Da Re, innanzi tutto. Dapprima al Gazzettino, con le critiche sulla posizione della Lega in materia di no-vax, Europa e congressi: «La politica va rivista nella collegialità, non certo con l'avanti tutta dell'uomo solo al comando». E successivamente al Corriere della Sera: «L'ambiguità del mio partito e del mio segretario sui vaccini mi sta mettendo a disagio da tempo. È sempre stata ingiustificabile, ora è diventata insostenibile». Per l'eurodeputato ora si profila una sospensione, forse pure di sei mesi, anche se tuttora non gli sarebbe stato comunicato nulla: «Non so niente, leggo che c'è un procedimento a mio carico, ma non mi ha chiamato nessuno».
In seguito è esploso il caso Bano, primo cittadino di Noventa Padovana, che a Telecittà ha stigmatizzato nel merito e nel metodo la decisione (peraltro non ancora ufficializzata) di candidare l'imprenditore Francesco Peghin a sindaco della città del Santo: «Ci sono queste scelte calate dall'alto, che in questo momento gli amministratori mal digeriscono.

Lo vediamo sui candidati per esempio delle città capoluogo, Padova e Verona, senza andare tanto distanti. Tutti dicono quale sarà il candidato, me nessuno chiede a noi un ragionamento: secondo voi chi è che vedreste bene come candidato? Di sicuro non può essere una brutta copia di Giordani, questo è quello che penso io». E ancora: «Non siamo solo manovalanza per fare i gazebo e attaccare i manifesti. Perché succede invece? Ho un'opinione: quando tu ti allontani dal territorio e cominci ad avere dei ruoli a Roma, perdi il collegamento con il locale». Per l'amministratore adesso si delinea un'espulsione, che avrebbe già l'avallo di Salvini in persona.


LE REAZIONI

Le due vicende appaiono come i sintomi di un malessere più diffuso, trasversale alle province, dovuto secondo gli interessati all'indigeribilità di commissariamenti prolungati, congressi rinviati, scollegamenti territoriali. Nel suo ruolo di commissario regionale, però, Alberto Stefani vede ben altro: «Chi esce sui giornali contro il proprio partito, lo fa per fare del male alla Lega. Perché non alzare il telefono, invece di girare dichiarazioni ai giornali? Queste cose in Lega sono state sempre sanzionate pesantemente, lo saranno anche questa volta, così come concordato con disposizione all'unanimità, e ripeto all'unanimità, nell'ultimo direttivo regionale. Lo dobbiamo alla stragrande maggioranza silenziosa dei militanti, persone perbene, che amano il loro movimento, che lavorano sempre al fianco delle segreterie di sezioni, provinciali e regionale. Lo dobbiamo agli oltre 20 nuovi sindaci e agli oltre 50 amministratori che negli ultimi 10 mesi hanno scelto di entrare in lega. Questo è un partito che ha bisogno di guardare avanti e cresce con l'ingresso nel 2021 di 400 nuovi giovani veneti. I soliti no-pax che fanno polemica, per ritagliarsi un ruolo, si escludono da soli».
Nella sua veste di capogruppo regionale, Alberto Villanova avrebbe preferito celebrare il compleanno della Liga Veneta («Migliaia di veneti hanno dato il loro tempo, le loro forze, sacrificando anche i loro affetti più cari, per dedicarsi ad un ideale e alla sua bandiera», è il suo post su Facebook). Invece gli tocca commentare le frizioni nel partito che in Regione, complice la propaggine di Zaia Presidente, ha toccato il massimo storico di consensi: «Credo che sarebbe importante riprendere quell'abitudine alla condivisione, magari negli ultimi anni un po' sospesa, che ha fatto grande la Lega. Dobbiamo tornare a confrontarci al nostro interno, per poi andare avanti allineati e coperti. A causa del Covid non è stato possibile ritrovarsi e sono venute meno le occasioni per decidere insieme la linea, ma credo proprio che con i congressi queste tensioni andrebbero a sopirsi. Provvedimenti disciplinari? Ci andrei con i piedi di piombo. Penso in particolare al caso Da Re: con Toni io stesso posso non aver avuto rapporti facili, ma se siamo arrivati dove ci troviamo ora, lo dobbiamo proprio a figure come lui, che hanno fatto crescere il movimento. Il nostro movimento è sempre stato effervescente, ma deve trovare un modo per fare sintesi al suo interno, senza andare sui giornali a fare polemiche. Vorrei spezzare una lancia a favore dei commissari, perché stanno portando avanti il partito in momento difficile, ma non possono durare all'infinito. È tempo che torniamo a chiuderci in una stanza e a discutere fra di noi».

Ultimo aggiornamento: 18 Gennaio, 11:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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