Mamma scomparsa. «Samira mi diceva: “Mohamed è troppo marocchino e litighiamo sempre”»

Sabato 30 Gennaio 2021 di Marina Lucchin
Mamma scomparsa a Padova

ROVIGO «Aveva bisogno di una mamma, non aveva amicizie, stava lì con me, mi raccontava tutto. Lei mi diceva che Mohamed era troppo marocchino. Litigavano sempre». Inizia così la deposizione della testimone chiave del processo per l'omicidio di Samira El Attar, la donna scomparsa a 43 anni il 21 ottobre 2019 da Stanghella, il cui unico imputato, accusato di omicidio e occultamento di cadavere è il marito, Mohamed Barbri, 41 anni.

A parlare, incalzata prima dal pubblico ministero Francesco D'Abrosca, e poi a uno dei due avvocati della difesa, Riziero Angeletti, è Vilma Benetazzo, 81 anni, moglie dell'ex datore di lavoro di Barbri nell'azienda agricola di famiglia. 


È stata intensa e densa di colpi di scena la prima udienza di fronte alla corte d'Assise di Rovigo, presieduta dal giudice Angelo Risi. 


L'UDIENZA

La Corte ha ammesso come parti civili la mamma e il fratello di Samira, Malika El Abdi e Majid El Attar - rappresentati dall'avvocato Nicodemo Gentile - e l'associazione Penelope - avvocato Stefano Tigani - escludendo lo zio materno e l'associazione Gens Nova. La corte, dopo la richiesta del pm, ha escluso dai teste la criminologa Anna Vagli, che fa parte del maxi pool difensivo di Barbri, assieme ai due avvocati, Riziero Angeletti e Francesco Zacheo, alla genetista Teresa Accetta e al consulente Maurizio Cusimano, esperto nell'analisi di celle telefoniche. 


I TESTI

La pubblica accusa aveva previsto già per ieri mattina la deposizione di 10 testi. Richiesta cui si è opposto l'avvocato Angeletti: «Abbiamo avuto la sorpresa di trovare 10 testimoni citati ancor prima di essere stati ammessi dalla corte d'Assise. Grazie alla Corte la pretesa del pm è stata ridimensionata». Ridimensionata alla sola deposizione di Vilma Benetazzo, arrivata in Tribunale in sedia a rotelle, con evidenti difficoltà di salute. Per questo motivo, in accordo con la difesa, è stata ascoltata. E la sua è stata una testimonianza che ha fatto entrare nel vivo il processo. La donna, che ha spiegato di essere molto legata alla figlia della coppia marocchina, che ora ha 5 anni ed è stata affidata dal Tribunale dei minori alla zia Anna che vive ad Asiago. Tanto che la casa in cui vivevano Mohamed e Samira era stata data proprio dalla Benetazzo «in comodato d'uso proprio per la bambina. Se si fossero separati, lì ci sarebbe potuto stare solo chi stava con la piccola. E Samira non si staccava mai da lei la portava ovunque con sé».


Poi le accuse a Barbri, che la donna ha conosciuto prima di Samira visto che lavorava per la sua azienda prima di conoscere la sua futura moglie: «È arrivata qui che erano accompagnati, non sposati, Samira non aveva il permesso di soggiorno però era sveglia, sapeva che sposando Mohamed l'avrebbe ottenuto e così si sono sposati». Matrimonio ispirato proprio dalla Benetazzo che aveva spiegato alla marocchina come funziona la legge italiana, come poi ha ammesso incalzata dalle domande della difesa «Erano molto diversi, Mohamed voleva altri bambini, lei no, tanto che ne ha abortito uno. E so che in Marocco ha un altro figlio, credo di vent'anni». 


GELOSIA

«Samira ha sempre lavorato come donna delle pulizie in giro, anche due notti la settimana da Pippo (l'ultimo suo datore di lavoro, ndr) dove portava anche la bambina, perchè non si fidava del marito. Ma lui non voleva perché era geloso per motivi culturali. Negli ultimi 2-3 mesi era dimagrita 10 chili perché litigavano. Litigavano anche davanti a me e ho visto che lui le faceva il segno di sgozzarla, ma è un modo di fare comune tra i marocchini. Samira mi ha detto anche di essere stata picchiata, ma segni su di lei non ne ho mai visti». Poi l'anziana ha rievocato il giorno della scomparsa. «È arrivato alle 14.30 di quel giorno dicendo che sua moglie era fuggita con tutti i loro soldi. E io domandavo: che soldi che non ne avete?».


«Qualche giorno dopo è tornato a dirmi che se fossero venuti i carabinieri a chiedermi dov'era quel lunedì mattina, di rispondere che lui era a tagliare legna vicino al capannone. Ma gli ho risposto di no, che non dico bugie. E l'ho mandato via». Una versione su cui, però, poi la donna ha avuto delle incertezze durante le domande dell'avvocato della difesa. 

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Ultimo aggiornamento: 12:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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