Padova. Parto ad alto rischio, mamma e neonato salvati grazie alle sale ibride dell'ospedale

Al Policlinico dell’azienda ospedale ce ne sono 2 in funzione: i medici operano e controllano in diretta i risultati degli esami

Giovedì 25 Maggio 2023 di Nicoletta Cozza
Sale ibride in funzione

PADOVA - In funzione ce ne sono due, entrambe al piano rialzato del Policlinico. E le prossime che verranno allestite saranno nel nuovo policlinico a Padova est perché si tratta di strutture del futuro ad altissima tecnologia integrata, per utilizzare le quali serve una formazione specifica. Una rivoluzione, che cambia la vita ai medici e ai pazienti. E una testimonianza della loro utilità si è avuta giovedì quando una partoriente, con un problema alla placenta e quindi ad altissimo rischio di emorragia che poteva essere letale per lei e per il nascituro, grazie a queste apparecchiature sofisticatissime è stata sottoposta con successo al taglio cesareo. Le sale ibride A e B in funzione dai primi di marzo nell’Azienda Ospedale Università, infatti, permettono di fare diagnosi e trattamenti chirurgici in un’unica postazione, diminuendo rischi e ritardi, e migliorando la sicurezza dei malati. Ieri l’attività dei primi mesi è stata illustrata dal dg Giuseppe Dal Ben e dal direttore dell’UOC di Chirurgia Vascolare Franco Grego, il quale a breve verrà nominato responsabile di questo blocco operatorio, il cui cuore tecnologico è costituito dall’angiografia robotizzata e dalla Tac, che, grazie alla fusione delle immagini, consentono di operare con una precisione infinitesimale. Sono costate 12 milioni di euro (somma che sarebbe servita per realizzarne 8 convenzionali), oltre agli 8,5 per le attrezzature, e hanno un costo di utilizzo alto: 20 euro al minuto, a fronte dei 10 di quelle standard.

Però le ibride consentono di risparmiare e in maniera significativa, per esempio sui giorni di degenza che si riducono, ma soprattutto sul recupero dei pazienti, ai quali vengono risparmiato danni permanente e lunghe riabilitazioni.

I particolari

Gli interventi “ibridi” contemplano già in fase pre operatoria una parte chirurgica open e una endovascolare, oppure una chirurgica open, a cui si deve aggiungere una procedura interventistica radiologica: in pratica procedure che necessitano dell’utilizzo simultaneo di angiografo e tac. Quasi tutta l’attività nella sala A è stata effettuata appunto dal professor Grego e dalla sua èquipe, che hanno completato 150 procedure (sono 8 le figure tra medici infermieri e tecnici che stanno intorno al lettino operatorio) usandola dalle 8 alle 14, ma dal 14 giugno, dato che la Chirurgia Vascolare traslocherà dal Monoblocco al Policlinico, sarà in funzione giorno e notte, sia per l’elezione che per l’urgenza. Nella sala B, invece, da aprile sono stati eseguiti 17 interventi di Cardiochirurgia, 1 dal team di cardiochirurghi e chirurghi vascolari, e l’ultimo multidisciplinare che ha visto lavorare insieme gli specialisti dell’UOC di Ostetricia e Ginecologia diretti da Maria Teresa Gervasi che assieme a quelli di Radiologia e ancora di Chirurgia vascolare, hanno salvato la vita a mamma e neonato dimessi ieri: alla donna, a rischio di emorragia massiva tanto è vero che erano state chieste 30 sacche di sangue per l’intervento, per via endovascolare sono stati inseriti due palloncini occludenti le arterie uterine; tutto è andato per il meglio, non c’è stato bisogno di trasfusioni. In sala B, invece, il team di cardiochirurgia ha portato a termine 17 interventi: altri specialisti successivamente potranno avvalersene, ma dopo la formazione del personale ed è prossimo l’inserimento delle Unità operative di Cardiochirurgia Pediatrica, Cardiologia/Emodinamica, Chirurgia Toracica e Chirurgia Epatobiliare. E comunque le altre UOC chirurgiche, radiologiche o emodinamiche che vogliano impiegarle devono fare richiesta alla direzione sanitaria motivando la necessità, che poi sarà vagliata caso per caso. E in futuro è previsto anche l’uso per intervento sui pazienti oncologici per la rimozione di metastasi.

Alto livello

«Parliamo di sale operatorie di altissimo livello - ha osservato Dal Ben - con un’interazione tecnologica eccezionale. Però bisogna conoscerle bene e usarle in modo appropriato, dopo un’adeguata formazione».
«Il criterio di indicazione sta alla base dell’impiego delle sale ibride - ha spiegato Grego - Per noi medici è come guidare una Ferrari invece che una 500, mentre per i pazienti si riducono i tempi e c’è la certezza di un intervento accurato. Hanno dei costi, ma offrono un servizio per il bene dei cittadini che non è quantificabile: salvare un arto inferiore con le procedure vascolari può implicare un esborso di 15 mila euro, ma dal punto di vista pensionistico un malato amputato grava molto di più, per non parlare di riabilitazione e assistenza. Bisogna guardare non al costo iniziale, ma a quello globale. Ed è per questo che è necessario stabilire bene chi le deve usare».

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Ultimo aggiornamento: 19:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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