"Non svegliate lo spettatore", Lino Guanciale celebra Flaiano: «Risarcimento a un gigante»

Giovedì 7 Aprile 2022 di Chiara Pavan
Lino Guanciale in scena con "Non svegliate lo spettatore" al Geox di Padova

L’INTERVISTA

L’invito è divertente, “non svegliate lo spettatore”. Meglio restare in quello stato di dormiveglia agognato da Ennio Flaiano, momento massimo di “sensibilità” dal quale ci si può destare al suono di una campana dalla platea, «Coraggio, il meglio è passato». Difficile resistere alla scrittura ferocemente divertente di un marziano “con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole” come Flaiano: Lino Guanciale sorride divertito, «andava risarcito, il suo sguardo sulla realtà è sempre potentemente contemporaneo, credo che troppa polvere si sia posata sul suo scaffale». Ecco allora il personale omaggio dell’attore abruzzese, classe 1979, partito dal teatro per diventare uno dei volti più amati della nostra tv grazie a “La porta rossa”, “L’allieva”, il commissario Ricciardi e i nuovi “Noi” e “Sopravvissuti”, sul palco del Geox di Padova l’11 aprile alle 21 con “Non svegliate lo spettatore”, ritratto spiritoso, intimo e pubblico di uno scrittore versatile e geniale che ha attraversato le contraddizioni degli anni ‘60 in un’Italia divisa tra splendori e miserie. Accompagnato dal musicista e regista Davide Cavuti, Guanciale si muove tra aforismi, lettere, battute fulminanti, cinismo e disincanto, giocando con personaggi che hanno attraversato la vita de leggendario sceneggiatore di Fellini, Steno, Monicelli.

Allora Lino, meglio svegliare lo spettatore.

«Quella di Flaiano era una geniale provocazione: il suo resta un “invito” alla partecipazione: un invito a sognare, a pensare.

Perché quello che nasce sul palcoscenico non è una fuga dalla realtà, bensì un’alternativa alla realtà. Uno spazio di creazione. Mai come oggi indispensabile».

Cosa l’ha incuriosita? Perché proprio Flaiano?

«È tra pochi nomi del secondo dopoguerra capaci di guardare lucidamente alle storture del benessere economico rampante. Lo metto insieme a Pasolini».

Nello spettacolo lei recita, imita, canta.

«È un lavoro ricco di cose diverse. Esce la mia formazione brechtiana: sulla scena l’attore deve dare vita allo spazio che abita, utilizzando qualunque codice possibile, non solo per meravigliare lo spettatore, ma anche per trasmettergli la sua visione delle cose, senza essere paternalistici».

Lei ha lavorato con Proietti, Ronconi, Branciaroli, poi la televisione, il cinema. Com’è muoversi in questi ambiti?

«Vengo dal teatro e artisticamente credo che questo mi abbia dato delle frecce in più. Ogni volta che si torno sul palco, almeno per me, mi riaggancio alla natura essenziale di questo mestiere, che è imparare a costruire e incarnare storie per qualcuno che ti ascolta. Il palcoscenico è un polmone che ho bisogno di usare per fare il punto su dove sto andando».

E che molla scatta quando accetta i ruoli?

«Il margine di rischio nei personaggi che metti in scena, nei contesti in cui scatta l’aspettativa, o facendo qualcosa di distante da ciò che hai creato in precedenza. Sono i miei parametri. Soprattutto per la tv: penso alla serie di Ricciardi, alla “Porta Rossa”, ma anche per “Noi”: li ho scelti perché erano grandi rischi».

“Noi”, remake di “This is us”, era una grande scommessa. Come il nuovo “Sopravvissuti”.

«Infatti. Penso al Pietro di “Noi”, era la prima volta che mi misuravo con un personaggi popolare. E poi mi hanno spinto la sceneggiatura, la mia amicizia con il regista Luca Ribuoli, e la qualità del progetto. Insomma, amo rischio e novità».

Sono salti nel buio.

«Vero, non è facile. Ma sono contento...almeno finchè ho la possibilità di decidere i ruoli».

Com’è rivedersi?

«Per me è una tortura, ma comincio a farci l’abitudine. Rivedendomi, scopro che non sono lo stesso attore di prima, che sono cambiato. E mi piace».

E la regia? Arriverà?

«Credo di sì, è fisiologico. La macchina da presa mi incuriosisce molto». La più grande paura? «Non riuscire a guidare il corso delle cose, le mie scelte, la mia vita. Penso che uno degli ingredienti della felicità sia avere in mano la propria esistenza...Lo penserebbe anche Flaiano». 

Ultimo aggiornamento: 07:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci