PADOVA - La manifestazione #ioapro si estende ai baristi e ristoratori padovani. Domani potrebbero essere una decina i gestori di esercizi pubblici che terranno il locale aperto, nonostante le regole della fascia arancione consentano solo asporto e consegna.
TRE ORE
«Terrò aperto tra le 12 e le 15 per il pranzo dice Luca Scandaletti di Le Sablon Non siamo noi causa del contagio, dunque perché dobbiamo rimetterci? Siamo arrivati a un punto in cui non ce la facciamo più e questo treno bisogna prenderlo. Dobbiamo far sentire la nostra voce, perchè chi non protesta viene bastonato più di altri. La chiusura per cinque giorni? Ma praticamente siamo già chiusi».
Scandaletti sta preparando due locandine che divulgherà nella chat comune di baristi e ristoratori. In una sarà scritto Aderisco, nell'altra Sono a favore. Potranno essere appese alla vetrina e daranno un segnale (sono a favore) anche nel caso in cui un esercente decida di non rischiare, ma si senta comunque vicino alle motivazioni dell'iniziativa. Non è questione di disobbedienza civile, tengono a precisare i ristoratori, ma di voler lavorare, anche alla luce dei mancati aiuti.
REGOLE
«Vogliamo lavorare nel rispetto di tutte le normative anti-contagio, con il distanziamento, scongiurando assembramenti, con i tavolini distanti un metro e il gel disinfettante ovunque spiega Alessio Di Muro, del Bacareto Avevamo investito molto inizialmente, abbiamo anche acquistato delle lampade riscaldanti per permettere ai clienti di sedere sul plateatico, dove il ricircolo di aria è migliore. E loro hanno apprezzato. I bar e i ristoranti sono molto più sicuri delle altre forme di socialità, quelle che ora le persone stanno cercando, come le riunioni in casa o le uscite al centro commerciale. Allora perché questo accanimento contro i pubblici esercizi, i cinema, i teatri e le scuole?».
Sono tanti coloro che chiamano la propria associazione di categoria per capire cosa rischiano ad aderire, loro e i clienti.
SCELTA
E infatti l'Associazione provinciale pubblici esercizi ha i telefoni che squillano in continuazione. Il segretario Filippo Segato precisa che «l'Appe non intende né appoggiare, né avallare alcuna iniziativa che consista in violazioni di legge. Ovviamente ogni esercente è libero di scegliere se e come manifestare il proprio dissenso. Certo è che la rivolta spontanea di disobbedienza civile espone ad una sanzione pecuniaria di 400 euro e all'ulteriore sanzione della chiusura dell'esercizio per 5 giorni. In caso di reiterata violazione, la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria della chiusura applicata nella misura massima dei 30 giorni. Potrebbero inoltre essere sanzionati anche eventuali clienti presenti all'interno del locale. Ma i legali da noi interpellati continua Segato pongono l'attenzione anche su una norma penale speciale, relativa ai delitti non colposi contro la salute pubblica, anche in riferimento alle epidemie ovvero l'articolo 260 del Regio Decreto n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie): Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l'invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell'uomo è punito con l'arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l'ammenda da euro 500 ad euro 5.000».
RICHIESTE
Il ministero dell'Interno, fa sapere Appe, ha allertato le forze dell'ordine. Secondo l'associazione di categoria ciò che dovrebbe fare il governo è mettere in campo i ristori. «Chiediamo subito sottolinea Segato nuovi ristori per 5 miliardi di euro, raddoppiati rispetto a quelli erogati nel 2020, una moratoria fiscale, un insieme di misure per gli affitti, ed il prolungamento della cassa integrazione. Non solo. Al governo chiediamo di controllare meglio il territorio e gli assembramenti cui abbiamo assistito, invece di massacrare un settore che è già di suo massacrato».