Infermiere-maniaco, ora è accusato di violenza su quattro pazienti

Si aggrava la posizione del 39enne Carlos Alberto Birro, all'epoca dei fatti in forza al Pronto soccorso di Cittadella

Martedì 30 Maggio 2023 di Marco Aldighieri
L'ospedale di Cittadella

CITTADELLA (PADOVA) - La posizione dell’infermiere di 39 anni Carlos Alberto Birro, all’epoca dei fatti contestati dalla Procura in forze al pronto soccorso di Cittadella, si è aggravata. Se all’inizio delle indagini era accusato di violenza sessuale su tre pazienti e una tentata, adesso il reato pieno sarebbe stato consumato ai danni di quattro donne. 
Il pubblico ministero Roberto Piccione, titolare delle indagini, per la tentata violenza sessuale ha infatti chiesto l’archiviazione. Motivo, la ragazza sarebbe stata toccata dall’uomo originario del Guatemala, ma cittadino italiano residente a Zanè in provincia di Vicenza, solo sulla pancia e sui capelli.

Per cui non è stato possibile configurare una violenza sessuale, su questa presunta quinta vittima. Birro, giovedì mattina, davanti al Gup Domenica Gambardella sarà giudicato in rito abbreviato. 

I fatti

L’infermiere dall’agosto del 2021 al maggio dell’anno scorso avrebbe violentato quattro giovani pazienti del pronto soccorso dell’ospedale di Cittadella. La prima vittima, tra il 7 e l’8 agosto del 2021, sarebbe stata una 36enne. Mentre era ricoverata e stava dormendo, Birro avrebbe esibito il suo membro e la avrebbe toccata nelle parti intime. Un paio di mesi più tardi, il 4 ottobre, nel mirino dell’infermiere sarebbe finita una 26enne. In questo caso avrebbe distratto la paziente, sempre per toccarle le parti intime. 
Stesso copione, il 16 e il 17 novembre del 2021, con una ragazza di 23 anni finita al pronto soccorso a seguito di un incidente stradale. Ma a fare scattare le indagini, segnalando ai carabinieri quanto le era accaduto, è stata una paziente di 39 anni ricoverata al pronto soccorso tra il 19 e il 20 maggio dell’anno scorso. Secondo l’accusa la donna sarebbe stata più volte molestata dall’infermiere. 
La Procura ha nominato un consulente tecnico, il medico Donata Favretto, e ha disposto esami del sangue e delle urine sulla giovane paziente. Il risultato ha portato alla luce l’assunzione di benzodiazepine, mai somministrata da parte dei medici dell’Ospedale. E, ancora per l’accusa, il farmaco sarebbe stato invece somministrato dall’infermiere alla 39enne per stordirla e approfittare di lei. Gli inquirenti, durante l’indagine, hanno sequestrato a Birro anche il telefono cellulare. 
All’interno del suo smartphone hanno trovato una serie di messaggini su WhatsApp spediti alle vittime, magari il giorno dopo il ricovero in ospedale. “Ciao bellissima come stai”. Oppure “Sei una bella ragazza non devi stare depressa tirati su”. Ma a volte era anche più esplicito come “Posso dirti una cosa senza che ti arrabbi? Sei una bellissima donna. Stanotte mi attiravi”.

La difesa

L’infermiere, raggiunto dalla misura restrittiva dell’obbligo di dimora a Zanè, davanti agli inquirenti ha sempre professato la sua innocenza. Al momento incensurato, si è difeso affermando di essere stato frainteso. A più riprese ha respinto tutte le accuse mosse nei suoi confronti. 
Il suo legale, in udienza preliminare, ha sollevato un caso di cattiva conservazione dei campioni di sangue della paziente forse stordita attraverso le benzodiazepine. Mentre per altre due ragazze ricoverate al pronto soccorso, l’avvocato ha sottolineato come le due quasi in coma per il trauma subito non potevano ricordarsi con dovizia di particolare quanto avrebbero subito. Giovedì, davanti al Gup, saranno sentiti i carabinieri e Donata Favretto medico nominato dalla Procura.

Ultimo aggiornamento: 12:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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