«Io, imprenditore finito in mano agli strozzini della mafia, costretto a vivere in roulotte»

La Corte d'Appello ha condannato il boss 'ndranghetista a versare alla sua vittima 330 mila euro a titolo di anticipo

Lunedì 22 Agosto 2022 di Marina Lucchin
Roulotte (foto d'archivio)
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PADOVA - Da una vita di agi, alla disperazione più profonda. Passando prima per la crisi, poi per l'ingenuità di affidarsi a uno strozzino con legami mafiosi, e arrivando addirittura a perdere la casa e ridursi a dormire in una roulotte, torrida d'estate e ghiacciata d'inverno. È la storia di un imprenditore dell'Alta Padovana, che finì in rovina, proprio per aver accettato l'aiuto (decisamente non interessato) di uno di quei personaggi ambigui da cui le forze dell'ordine suggeriscono di diffidare.

L'uomo, che chiameremo Bruno per tutelarne l'identità, era un solido imprenditore dell'Alta padovana che finì vittima dei raggiri, violenze e intimidazioni di Domenico Multari, elemento di spicco della cosca del boss ndranghetista Antonio Dragone finito in manette per l'ultima volta nel 2019 dopo l'indagine coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia. La Corte d'appello, ha ritenuto sussistenti i metodi mafiosi contestati agli imputati del clan, tra cui Domenico Multari cui i giudici hanno inflitto 7 anni e 10 mesi. E sempre nella stessa sede è stato confermato il risarcimento dei danni concesso dalla sentenza di primo grado al falegname taglieggiato, oggi settantenne, costretto a vivere in una roulotte dopo aver perso ogni suo bene, costretto nel corso degli anni a prestare complessivamente quasi mezzo milione di euro a Multari.

Il boss della cosca Grande Aracri nel 2020 gli ha versato una provvisionale di 330mila euro a titolo di anticipo sul risarcimento definitivo che dovrà essere quantificato nel corso di un apposito processo civile che non si è ancora concluso.

Il falegname dal 2017 è rimasto senza nulla, nemmeno un tetto sopra la testa, tanto che ha dovuto vivere anche in auto e in roulotte, prima che del suo caso venissero informati il sindaco e i servizi sociali del Comune che l'hanno inserito nel programmi di emergenza abitativa. Dopo l'operazione dell'Antimafia che ha portato dietro le sbarre Multari, ha raccontato che finalmente si è sentito libero: «Quando ho saputo degli arresti, mi sarei ubriacato per la felicità. È come se avessi vinto al lotto. Nessuno si può immaginare quello che ho passato. Avevo intenzione anche di farla finita. Per due volte. E lo stavo per fare. Poi dopo gli arresti sono finalmente uscito d questa casa senza aver paura».
«In roulotte ci ho vissuto un anno con addosso tutti i vestiti e le coperte che avevo d'inverno, perché c'erano anche meno sette gradi. Mia moglie se n'è andata. I miei figli nemmeno mi guardavano. Tutti pensano che io avessi gozzovigliato e fatto chissà che cosa. E invece ero una vittima. All'inizio ero serramentista, poi ho continuato con l'arredo. Poi l'arrivo di quell'uomo che mi ha preso tutto e mi ha distrutto la famiglia e la vita». Con fatica, l'imprenditore taglieggiato dopo quell'arresto, è riuscito a fare qualche passo avanti. Ma nessuno potrà ridargli tutti quegli anni persi tra terrore, paura e povertà.

Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 17:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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