Turni di lavoro, vigili in rivolta. Il comandante: «Chi porta la divisa non fa l'impiegato»

Venerdì 26 Aprile 2019 di Gabriele Pipia
Il sindaco Giordani e il comandante Fontolan
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PADOVA - Ottobre 1997, Comando della Polizia locale di Padova. Un giovane Lorenzo Fontolan, agente appena assunto, viene subito catechizzato dai propri superiori: «Questo non è un mestiere come gli altri. Chi indossa la divisa deve abituarsi a lavorare quando gli altri non lavorano». Ventidue anni dopo su quella stessa divisa Lorenzo Fontolan porta i gradi del comandante e ora rispolvera questo aneddoto per lanciare un chiaro messaggio ai vigili in rivolta: «Il cambiamento costa fatica, ma è necessario: il sabato dobbiamo garantire più presenza, lo chiede la città». Fontolan sta conducendo assieme al sindaco la delicata trattativa con le parti sindacali, che fanno muro di fronte all’ipotesi di tornare a lavorare sei giorni alla settimana. 
 
Comandante, lo sciopero nel giorno della Maratona è stato scongiurato, ma le parti sembrano ancora distanti. 
«Io parto sempre da un concetto fondamentale: chi porta la divisa lavora sei giorni alla settimana e spesso lavora quando gli altri si riposano. È un effetto naturale, perché dove c’è aggregazione di persone c’è più bisogno di noi. La presenza è fondamentale: mi è stato insegnato fin da quando sono entrato in questo meraviglioso Corpo. Vale per noi, per i carabinieri, per la polizia». 
Da mesi ha proposto una rivoluzione organizzativa. Perché?
«Il Corpo di Padova ha 150 anni di storia e tradizionalmente il personale ha sempre lavorato sei giorni alla settimana. Nel 2016 (ai tempi dell’amministrazione Bitonci e del comandante Antonio Paolocci, ndr) l’organizzazione è stata modificata. Si è passati da lavorare sei ore al giorno per sei giorni a lavorare sette ore al giorno per cinque giorni. Ma in questo modo abbiamo un grande problema: dal lunedì al venerdì portiamo in strada 150 agenti, il sabato 70, la domenica 50. Il problema è principalmente al sabato: questa è una grande città dove nel fine settimana c’è ancor più gente in giro. Pensiamo ai prossimi mesi: i turisti, i pellegrinaggi religiosi, i mercati, i cortei, le manifestazioni d’intrattenimento. Al sabato siamo troppo pochi e la gente ce lo fa notare, soprattutto nei quartieri». 
La sua proposta qual è?
«Ho ipotizzato un ritorno al lavoro sei giorni settimanali, anche perché penso che lavorare sei ore al giorno sia meglio che lavorare sette ore. Non sono un medico, ma so che lavorare sei ore aiuta meglio il recupero psicofisico per chi fa un servizio dispendioso come quello esterno. Negli altri grandi capoluoghi del Veneto, come Venezia, Vicenza, Verona e Treviso, la Polizia locale lavora sei giorni su sette. Rispetto al 2015, comunque, la mia proposta portava delle importanti modifiche: ora si riuscirebbe a garantire di stare a casa un intero weekend al mese e tre domeniche su quattro. Ma la proposta è stata rifiutata». 
Lei ha però tirato fuori dalla tasca un’altra carta, giusto?
«Ho avanzato anche una seconda proposta: quella di rimanere con l’organizzazione basata su cinque giorni ma considerando il sabato come tutti gli altri giorni feriali, non un giorno dove gli agenti stanno prevalentemente a riposo. Il giorno di riposo sarebbe prevalentemente la domenica e poi il secondo riposo sarebbe a rotazione durante la settimana. Anche questa proposta non è stata accettata». 
Perché si è creato questo muro, secondo lei?
«Perché attualmente gli agenti hanno un fine settimana lavorativo e poi due fine settimane consecutivi interamente a casa. Sono abituati a stare a casa di più il sabato, ma ciò è incompatibile con la volontà di aumentare la nostra presenza nei quartieri. Come ho detto il sabato abbiamo in strada 70 persone, ma ne servirebbero almeno 120. Sono più di tre anni che al sabato non facciamo servizio nei quartieri, se non per gli interventi d’emergenza. Poi è naturale che in certi periodi le cose possono cambiare: a Ferragosto ci sarà certamente meno bisogno, ma a settembre quando ripartono le scuole bisognerà garantire una presenza massiccia».
Riuscirà a superare queste resistenza?
«Mi auguro proprio di sì. Io sono un figlio di questo comando, non ho problemi personali con nessuno e so bene che il cambiamento costa fatica. Tre anni e mezzo fa il personale ha dovuto riorganizzare la propria vita e ora gli viene chiesto un altro cambiamento. Non è facile. So bene che non bisogna essere precipitosi e che bisogna evitare colpi di mano, ma chi ricopre ruoli di responsabilità deve a volte prendere anche decisioni che possono risultare impopolari. Io devo pensare a far funzionare al meglio una struttura: abbiamo una Ferrari e deve funzionare come tale. Ribadisco che chi presta servizio non può avere gli stessi turni di un impiegato. Ora ci sono molte professioni che il sabato lavorano più degli altri giorni, penso per esempio ai commercianti. Sono le esigenze di una città a determinare l’organizzazione di un lavoro». 
Che tempi vi date per trovare una quadra?
«Ieri il sindaco ha posto il limite del 30 giugno. Di certo il primo settembre sarà introdotto il nuovo modello orario. Sarà quello stabilito dall’amministrazione, con cui da parte mia c’è totale coincidenza. Se ci sarà un accordo bene, altrimenti sarà un peccato ma noi dovremo andare avanti. Non so che modello orario verrà adottato alla fine, di certo il sabato verrà garantita una presenza maggiore. Pensiamo anche al tema dello spaccio: gli spacciatori il sabato mica riposano, anzi. Al sabato si aggiungono pure i consumatori occasionali».
Ha temuto di vedere domenica una città nel caos?
«Ho temuto per un possibile sciopero, certo, e sono felice che le rappresentanze sindacali abbiano accettato di proseguire il dialogo rinunciando ad un’azione che secondo me sarebbe stata sproporzionata. Ricordo che il nostro contratto prevede il lavoro notturno e festivo, e che il modello orario non è oggetto di contrattazione. Abbiamo un lavoro che dà gratificazioni e soddisfazioni: con questo stato di agitazione l’immagine del Corpo rischia di uscirne male. Ripeto ancora: serve cambiare, lo dobbiamo ai cittadini». 
Gabriele Pipia
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Ultimo aggiornamento: 09:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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