Grafica Veneta, anche altri dirigenti rischiano: per l'azienda multe salatissime

Mercoledì 28 Luglio 2021 di Marco Aldighieri
Fabio Franceschi il patron di Grafica Veneta
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PADOVA - L'inchiesta choc su Grafica Veneta, il colosso dell'editoria di Trebaseleghe nell'Alta padovana, è solo all'inizio. E potrebbe avere ripercussioni gravi sulla società. È vero che il patron Fabio Franceschi non è stato direttamente coinvolto nell'indagine, ma è altrettanto vero che agli arresti domiciliari è finito l'amministratore delegato, Giorgio Bertan.
Secondo la Procura, dunque, l'azienda famosa in tutto il mondo per avere stampato i libri di Harry Potter e bestseller come la biografia di Barack Obama, rischia multe salatissime per omessa vigilanza nella catena di produzione.

E non solo. In base al decreto legge 231 del 2001, Grafica Veneta potrebbe essere inibita nel contrattare con la pubblica amministrazione e, pericolo più grande, potrebbe vedersi bloccata ogni tipo di attività. L'amministratore delegato, ancora per l'accusa, non avrebbe ottemperato alla sua mansione di controllo dell'azienda, e così avrebbe fatto anche il direttore dell'area tecnica Giampietro Pinton. Insomma, gli inquirenti non mollano la presa.

L'IMAM
A fornire manodopera in nero alla Grafica Veneta, secondo l'accusa, è stata la ditta B.M. Services sas con sede a Lavis in provincia di Trento proprietà di padre e figlio pakistani. Su questa società in accomandita semplice sono puntati gli occhi degli inquirenti: il sospetto è che possa avere offerto lo stesso servizio di sfruttamento dei lavoratori ad altre aziende venete.
Ma come faceva la ditta trentina a ingaggiare connazionali disperati e in cerca di impiego? I carabinieri hanno appurato come i pakistani, una volta arrivati in Italia e a caccia di un lavoro, per raggranellare qualche euro si siano affidati alla loro comunità musulmana in Lombardia. A capo ci sarebbe un imam dislocato su Brescia: sarebbe lui, con i suoi collaboratori, il trait d'union tra i suoi connazionali e padre e figlio di Trento. Tuttavia, al momento, non sono state raccolte prove per affermare con certezza che il religioso sapesse dello sfruttamento sul luogo di lavoro dei suoi fedeli. Ma anche su questo fronte le indagini sono ancora aperte.

IL PROCURATORE
Antonino Cappelleri, procuratore capo di Padova, è tornato anche ieri sull'operazione Pakarta, sottolineando ancora una volta la gravità di quanto è stato portato alla luce nel corso delle indagini. «È emersa una situazione scioccante. Abbiamo raccolto prove per contestare il caporalato, ma siamo al limite della schiavitù» ha dichiarato.
Già perchè, secondo i carabinieri e il pubblico ministero Andrea Girlando titolare del fascicolo, gli operai pakistani sfruttati erano costretti a turni massacranti fino a 14 ore di lavoro al giorno arrivando a guadagnare appena 4,5 euro all'ora. E poi picchiati, legati, derubati di tutto se osavano ribellarsi e andare dai sindacati per presentare una denuncia. Secondo gli inquirenti poi la collaborazione tra la B.M. Services sas e Grafica Veneta sarebbe iniziata nel lontano 2015. Compito dei carabinieri sarà ora quello di stabilire se già sei anni fa, era in atto lo sfruttamento dei lavoratori. E su questo fronte sono finite nel mirino degli investigatori anche una stamperia di Loreggia, sempre in provincia di Padova, e una cooperativa gestita da cittadini romeni pure lei fornitrice di manodopera per l'azienda di Franceschi.

IN TRIBUNALE
Intanto oggi andranno in scena, davanti al Gip Domenica Gambardella, gli interrogatori di garanzia degli undici arrestati. Tra loro le figure chiave dell'inchiesta, come l'amministratore delegato di Grafica Veneta Giorgio Bertan, 43 anni e difeso dall'avvocato Emanuele Spata. Quindi il direttore dell'area tecnica dell'azienda di Trebaseleghe Giampaolo Pinton, 60 anni, affiancato dal legale Giovanni Chiello, e infine padre e figlio Badar difesi dallo studio Valcanover di Trento.
 

Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 09:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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