Gonçalo Cardilhe, sui passi di Sant'Antonio: ha ripercorso il cammino da Coimbra a Padova

Giovedì 13 Agosto 2020 di Adriano Favaro
Gonçalo Cardilhe, sui passi di Sant'Antonio: ha ripercorso il cammino da Coimbra a Padova
Gonçalo Cardilhe, noto scrittore-giornalista portoghese, ha ripercorso il lungo viaggio del Santo di Padova iniziato a Coimbra e concluso nella città veneta passando per Marocco, Algeria, Tunisia, Sicilia, raccontandolo poi in un libro ora tradotto in italiano. «L'idea mi è venuta mentre visitavo la Cappella degli Scrovegni, rimasi incuriosito perché c'era poca storia attorno alla sua figura».


E' il primo ad aver percorso tutto il tragitto che Sant'Antonio ha compiuto negli ultimi dieci anni della propria vita: da Coimbra (Portogallo) al Marocco, poi Algeria, Tunisia, Sicilia, Assisi, Piemonte; in Francia fino ad Alby e quindi a Padova. «Si conosce tanto di Antonio come santo, poco di lui come uomo. Sono andato sui suoi passi di quel viaggio compiuto ottocento anni fa». Gonçalo Cardilhe è il più noto e importante scrittore-giornalista di viaggi del Portogallo. Ha cominciato giovanissimo, dopo una laurea in economia e qualche tempo al lavoro nell'azienda che produce il vino Matheus rosé. Poi reportage; una decina e più di volumi, molti film, documentari, un paio di giri del mondo completi («uno senza mai prendere un aereo») sulle orme di grandi personaggi storici. Come Magellano o Fernando Mendes Pinto scrittore di Peregrinazioni, libro che racconta 20 anni di viaggi 1530-1550 in Oriente, dove conosce Francesco Saverio. Fino al portoghese sant'Antonio da Padova.

«Rimasi impressionato da una statistica che diceva che il Pil di Padova era uguale a quello del Portogallo; non so se ora sia vero ma negli anni '90 forse sì quando il mio paese si rialzava da quasi 50 anni di dittatura di Salazar: siamo entrati in Europa a metà degli anni '80. Padova, città ricca, mi stupì perché in qualunque altro paese al mondo sarebbe stata la città più visitata della nazione per sue bellezze; non c'è niente così in Portogallo. Invece è in seconda, terza linea; nonostante nessuna città d'Italia tolte Roma, Venezia e Firenze - abbia bellezze paragonabili. Così mi sono interessato a questa città del santo e a un portoghese che ne racchiude l'identità, sviluppando l'idea di scrivere la storia del percorso fatto da Sant'Antonio nato il 15 agosto del 1195 a Lisbona - da Coimbra fino a Marocco, il magreb africano, la Sicilia, la Francia e il Veneto all'inizio del XIII secolo. Il libro di Cardilhe Sui passi di Sant'Antonio è stata da poco tradotto dalle Edizioni del Messaggero di Sant'Antonio (15 euro).



Il suo viaggio comincia quattro anni fa.
«L'idea mi venne stando a Padova per vedere la cappella degli Scrovegni: rimasi incuriosito: c'era poca storia attorno a Sant'Antonio. Ho cominciato a studiare scoprendo di quel grande viaggio dentro alla sua biografia e ho usato sistemi moderni per cercare tracce antiche e capire di più».

Lei vive a Figuera da Foz, città sulla foce del fiume Mondego lo stesso che attraversa Coimbra.
«A Coimbra ho studiato Sant'Antonio: da lì è partito. Quel fiume è la vera identità nazionale l'unico grande fiume che non nasca in Spagna. Antonio si muove su quel fiume fino in Marocco per cercare di capire cosa fosse accaduto a cinque frati italiani trucidati dai musulmani. Lui conosceva sicuramente l'arabo e diventa una specie di diplomatico. Poi si sposta in Algeria e in Tunisia: non credo (e non sono l'unico) a quello che dice la leggenda che imbarcandosi in Algeria per tornare in Portogallo - una tempesta lo abbia abbattuto sulle coste siciliane». 

È proprio a Palermo che lei dice di essere un turista, diverso da un viaggiatore.
«Credo che tutti i turisti siano viaggiatori ma noi, viaggiatori del XX-XXI secolo, facciamo un turismo più informato di un tempo. Ho cominciato a viaggiare col low cost degli anni '90. Un amico, con responsabilità in un'azienda di trasporti mi aiutava a montare sui loro tir e girare l'Europa quasi gratis».

A Padova incontra padre Luciano Bertazzo che darà una specie di imprimatur al suo libro. 
«Non l'ho incontrato subito. Dalla Sicilia ero stato ad Assisi, poi Bologna, Torino, Moncenisio e Francia, Da Tolosa torno in Portogallo e dopo qualche settimana incontro a Padova Bertazzo. Finito il libro, gliene mando una copia. È lui che ne ha proposto la traduzione in italiano». 

Un libro che parla dell'uomo Antonio non è così consueto.
«Ho svolto un'inchiesta laica, storica; cercato tutte le tracce e le testimonianze: offro prospettive nuove e originali, grazie anche all'aiuto di studiosi e storici. I francescani portoghesi conoscevano il mio lavoro e sapevano la mia attitudine. Padre Bertazzo a Padova al nostro incontro è stato di una generosità disinteressata: non si è preoccupato di sapere se offrivo un punto di visa critico con voglia di smontare. Ha risposto alle mie domande e mi ha aiutato facendo poi stampare un libro laico, in una collana religiosa. Ecco ancora questa umiltà dei francescani che sanno accettare anche punti di vista meno connotati con la religione».

La cosa che durante il viaggio l'ha più stupita?
«Ad Algeri nella casbah ho incontrato un marocchino appassionato di musica del tempo dell'Andalusia: costruiva i suoi strumenti come quelli dell'epoca, la stessa di Sant'Antonio. Quando questa persona cominciò a cantare una canzone magrebina araba, ebbi un brivido: come se Sant'Antonio potesse aver ascoltato la stessa canzone».

Sant'Antonio muore a 39 anni ma pochi di noi hanno l'idea di un uomo giovane.
«Si ammalò in viaggio. Per dieci anni, visse per strada, dormendo nelle grotte, all'aperto, nei boschi: ha problemi di reumatismo e alimentazione, era vegetariano, e faceva spesso digiuni prolungati. Alla fine fu colpito da idrope, il suo corpo si gonfiava. A noi appare più vecchio forse anche per la sua saggezza e serenità nei confronti di una vita molto difficile».

Antonio è anche immagine di una certa idea dell'Europa, una terra che ha radici medievali.
«Un'idea di Europa appare nel periodo di Sant'Antonio. E credo che lui sia figura simbolo di quell'Europa forte e celebrata, che supera le immagini di contrasto tra papa e imperatore. È uomo intelligente ma semplice che viaggia, cambia città regolarmente ma conosce in fondo quello che noi vogliamo per l'Europa: i valori dell'umanesimo, l'identità. E non è stato certo il martello dei Catari come si dice; è andato ad Alby per capire, vedere, studiare quello che era accaduto nella cosiddetta eresia che ha provocato una crociata».

Che colonna sonora per il libro? 
«Quella di Louis de Freitas Branco, compositore portoghese poco noto: il movimento della prima sinfonia, andante».

Il prossimo viaggio? 
«Un mese fa è uscito il mio nuovo libro sul percorso che Sant'Antonio fece da Lisbona a piedi fino a Coimbra per studiare nella città che aveva la più importante università. Poco più di 200 chilometri in otto giorni fantasticando con un ragazzo di 13-15 anni che, assieme ad un mercante, si sposta per diventare adulto. Forse il primo trekking documentato della storia portoghese».
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