Padova. L'ex Tribuno Stefano Baroni: «Cos'è la Goliardia? Scherzare con intelligenza»

Baroni è presidente della Fondazione Comitato VIII Febbraio che gestisce il museo della Goliardia. «La burla migliore? Il maiale Gigi il Porseo in regalo al presidente del Senato Spadolini»

Mercoledì 26 Ottobre 2022 di Silvia Moranduzzo
Stefano Baroni: a sinistra mentre consegna la gallina al rettore Bonsembiante, a destra nel museo della Goliardia a Palazzo Bo
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PADOVA - Ha regalato un maiale all’allora presidente del Senato Giovanni Spadolini. E ora è il presidente della Fondazione Comitato VIII Febbraio che si occupa di promuovere attività culturali inerenti alla Goliardia. Stefano Baroni è laureato in Scienze Politiche indirizzo economico, è stato Tribuno nel 771esimo anno a Bove condito (il 1993) ora quindi Principe del Bo. È sposato con Francesca, che ha conosciuto proprio mentre era Tribuno e ha un figlio, Lorenzo.

Professionalmente è stato nella Comunicazione di Vodafone Italia, poi ha guidato la comunicazione di Confindustria a Bologna e dal 2010 ha la responsabilità della comunicazione e delle relazioni esterne di Confartigianato Vicenza. La Goliardia è stata una famiglia, una palestra di vita, qualcosa di più del semplice divertimento (che pur è sempre presente).

Cominciamo dall’inizio: cos’è la Goliardia?
«La Goliardia è uno spirito di fratellanza. Chi entra in Goliardia sposa la satira, la burla, il divertimento non fine a sé stesso ma intelligente. C’è sempre un retroterra culturale perché i goliardi sono studenti universitari che stanno arricchendosi, si stanno formando».

Quando e perché è entrato?
«Era la fine degli anni Ottanta, a quei tempi era quasi automatico. Sono entrato un po’ per curiosità e un po’ perché spinto da amici che erano già dentro qualche ordine goliardico. Allora si leggevano i giornali tutti i giorni e quando i goliardi facevano qualche scherzo lo scrivevano tutti. Alla base c’era un sano spirito di riconoscere nell’Ateneo la propria casa».

Quali sono le caratteristiche della Goliardia?
«Lo spirito di libertà, innanzitutto. La libertà di espressione e di divertirsi. Ma con intelligenza, con cultura. Ci sono diversi ordini che si rifanno a quelli cavallereschi o alle Nationes (gruppi di studenti divisi per lingua, presenti alla nascita del Bo, ndr). A capo dell’ordine c’è un Gran Maestro e al di sopra di tutti i goliardi c’è il Tribuno che cambia ogni anno. I Tribuni quando finiscono il loro mandato sono automaticamente nominati Principi del Bo e diventano una sorta di punto di riferimento, risolvono questioni che nascono in seno alla Goliardia. Gli ordini hanno nomi molto particolari: c’è la Santa Bernarda, lo Sciaquone...».

Perché dice “divertimento intelligente”? Cosa significa?
«A scherzare in maniera bonaria sono capaci tutti. Ciò che distingue i goliardi è che lo scherzo è intelligente, ha una base culturale. Penso a quello dei falsi Rubens, quando un goliardo si è finto grande esperto di arte di origine romena. É stata convocata una vera e propria conferenza stampa e il finto professore ha parlato per due ore in finto romeno dicendo che i quadri esposti erano falsi».

Lo scherzo migliore che ha organizzato?
«Quello a Spadolini. Era il 1991, doveva venire a inaugurare l’anno accademico. Forattini lo disegnava sempre con la codina riccia e visto che al rettore si regala una gallina (è tradizione farle mangiare pane e rum così una volta di fronte al capo del Bo le si spreme la pancia per insozzare la tonaca del malcapitato, ndr) perché non regalare un maiale al presidente del Senato?».

E poi?
«Siamo riusciti a far mettere nella lista degli ospiti il nome “Luigi Porseo”. Dopo di che abbiamo preso in prestito questo maiale maleodorante ma la Digos ci ha fermato subito. Abbiamo provato a convincerlo con qualche battuta ma niente da fare. Così abbiamo chiesto di controllare la lista degli ospiti e vedendo il nome Luigi Porseo ci hanno permesso di salire. Il capo di gabinetto del rettore ci ha intercettati, mettendosi le mani nei capelli. “Se il maiale esce dalla cassa non riuscirete a laurearvi in nessun ateneo globo-terracqueo” ci ha detto. Ma noi non lo avremmo mai liberato. Lo abbiamo portato fino davanti a Spadolini che l’ha presa con grande spirito e poi è venuto al bar Mario a bere con noi. Ma non è finita».

Cosa è successo?
«Spadolini ha dato ordine di far portar via Gigi il Porseo ma noi lo avevamo preso in prestito, 125 mila lire costava. Siamo sbiancati. Gli abbiamo detto che era la cassa a non essere nostra e lui ci ha detto “Non vi preoccupate”. Insomma, un paio di mesi dopo è arrivata la cassa pulitissima con ogni ben di Dio: salami, prosciutti, vino. E un biglietto, conservato nel Museo della Goliardia con scritto “P.S. Il porcellino sta bene”».

La Goliardia di oggi quanto è diversa da quella di ieri?
«Nella struttura è la stessa. I tempi cambiano, i numeri del Bo aumentano sempre di più, i modi di aggregazione e di stare insieme non sono gli stessi di trenta o quarant’anni fa. É normale. Però vedo nei goliardi di oggi una grande creatività. La Goliardia non è solo andare a bere tutti insieme, è una palestra di vita».

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Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 21:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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