«Dal carcere a Netflix, così mi sono salvato dal "buio"»

Mercoledì 21 Aprile 2021 di Iris Rocca
Giuseppe Dave Seke

PADOVA - «La mia vita sembra la trama di un film». Sorride Giuseppe, in quello che è il giorno zero per eccellenza, quando trailer e locandine si concretizzeranno nella messa in onda della sua opera prima da protagonista: Zero. Giuseppe Dave Seke ha 25 anni, è di Pontevigodarzere, nido in cui è cresciuto con la sua famiglia di origine congolese, che lascia per raccontare un'altra periferia, quella milanese. Un giorno, infatti, il suo amico e produttore dei suoi slanci rap, Wairaki De La Cruz, gli gira un post dove si cercano attori professionisti e non per una nuova serie. 


L'OCCASIONE

«Secondo lui potevo farcela. Io non ero convinto, mi vergognavo, ma inviai lo stesso il video di presentazione. Il giorno del mio compleanno arrivò un'e-mail che mi invitava a Milano al provino. Pensai fosse un segno». La nuova serie è Zero, dalla penna di Antonio Dikele Distefano, in uscita oggi su Netflix in tutte le lingue. E Zero è il soprannome del protagonista Omar, l'alter ego di Giuseppe, appunto, un ragazzo dall'incredibile potere dell'invisibilità, impegnato nella difesa del suo quartiere e del suo futuro. 
«Ogni tanto sparirei anch'io, quando ho bisogno di spazio, di stare per conto mio, di riordinare le idee».


I TEMI

Tanti i temi trattati: la lotta ai pregiudizi razziali, la condizione dei rider, il rispetto dell'ambiente, la vita nelle periferie. «È dove sono cresciuto. Ho tanti ricordi e non sarei qui se non fosse per il mio quartiere. Crescere in periferia ti costringe costantemente a farti delle domande sulle differenze tra quello che vivi e quello che ti circonda. Mi ha dato la consapevolezza che nessuno ti regala niente e dovrai lavorare il doppio degli altri. Una cosa che un po' mi ha tolto è la luce. Quella che ti permette di sorridere anche quando tutto va male, di vedere il lato positivo, di andare avanti. Io quella luce l'avevo persa e quando succede vieni risucchiato dal buio».
Il riferimento è ad un passato fatto di guai con la legge, di errori pesanti, dallo spaccio di droga a una rapina ad un benzinaio. Situazioni a fronte delle quali ha pagato il dovuto con due anni di reclusione, per tornare poi a guidare la sua vita in modo diverso, con l'obiettivo espresso nelle sue canzoni: la rinascita.
«Nella periferia di Milano, non trovo differenze rispetto a quella di Padova.

Le persone vivono le stesse situazioni di difficoltà: i loro occhi hanno quel velo di vissuto che per altri è incomprensibile, ma dove in tanti ci rispecchiamo». 


LA REALTÀ

Un luogo in cui qualche volta, può davvero capitare di volersi rendere invisibile. «In particolare da adolescente, quando non mi sentivo capito e stavo malissimo perché le persone tendono a schiacciarti quando mostri debolezza». Straniscono queste parole dette da un giovane nel pieno delle sue aspirazioni, ai blocchi di partenza di una carriera già stellare. «Il mio è un grandissimo traguardo, che spero renda orgogliosi la mia famiglia e i miei amici. Mi sono circondato di persone che mi conoscono e mi guardano come sempre: questo mi tiene con i piedi per terra. Sto lavorando molto su me stesso, con il mio team, e l'obiettivo è quello di continuare a migliorarmi. Ma non nego la gioia nel sentirmi dire Mi abbonerò a Netflix solo per vedere la tua serie. La popolarità è una conseguenza del duro lavoro e la vivo in maniera semplice, perché so da dove vengo. Spero la mia storia possa cambiare le menti e far sì che i ragazzi che sono nell'ultima fila, inseguano e concretizzino i loro sogni. La mia missione è dare voce a chi, come me, non ne ha mai avuta». 
A Giuseppe poniamo la domanda di Omar nella serie. È meglio essere scambiato per quello che non sei o non essere visto affatto? «Essere scambiato per ciò che non sei, perché puoi far ricredere le persone sul tuo conto. Un po' quello che sta capitando a me». 

Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 15:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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