Padova. Ludopatia, è allarme: solo un giocatore su 10 è disposto a curarsi

Il 3% della popolazione ha un problema di gioco d’azzardo patologico

Sabato 18 Marzo 2023 di Nicoletta Cozza
Ludopatia

PADOVA - I padovani “malati” di gioco sono 8mila, ma solo il 3% di essi chiede aiuto al Serd per curarsi. E la stragrande maggioranza è finita nel vortice della dipendenza a causa delle slot machine. “Domani, domani finirà tutto”: così, con un inno alla speranza Dostoevskij concludeva “Il giocatore”, e con il medesimo auspicio, cioè di sconfiggere questa dipendenza, l’Ulss 6 Euganea ha promosso l’iniziativa “Siamo tutti in gioco”, che si è tenuta da lunedì a ieri nella Sala della Carità. Un evento seguito online da 5mila 500 spettatori e in presenza da circa 400, con 23 esperti che si sono alternati mattina pomeriggio e sera nei 15 incontri finalizzati ad aumentare la consapevolezza sulle tematiche inerenti appunto la cultura del gioco, sia nella concezione di attività ricreativa, sia nella dimensione caratterizzata proprio dalla dipendenza patologica. I lavori, patrocinati dal Ministero della Salute, dalla Regione e dal Comune, si sono chiusi con la tavola rotonda “Confrontiamoci”, che ha visto dialogare medici, istituzioni e politici. D’altro canto bastano pochi numeri, come ha evidenziato il direttore generale Paolo Fortuna, a dare la dimensione di un fenomeno sommerso: la popolazione dell’Ulss 6 è costituita da 930mila persone, delle quali circa 27mila giocano ma con un rischio contenuto di dipendenza, mentre per 8mila è elevato e per 4.600 di queste ultime è altissimo, ma soltanto 251 sono seguiti dal Serd.

I malati di gioco

«È una patologia che va gestita in squadra - ha detto il dg - e non ci si deve abituare, o rassegnare di fronte a essa, ma trovare strumenti per arrivare in profondità. I numeri ci dicono che la ludopatia è ancora nascosta, perchè solo in un range che va dallo 0,5 al 3% dei casi emerge, mentre ci sono migliaia di soggetti che si trovano in un contesto difficoltoso per loro e per le famiglie. C’è una sorta di piramide, con all’apice i malati veri, in mezzo il giocatore probabile, e alla base quello occasionale. Dobbiamo agire partendo dal basso, quindi, tenendo alte le “antenne” sul territorio per intercettare i segnali di pre-malattia, che si possono capire già alla scuola materna. Infine, va sottolineata l’importanza delle relazioni significative e non basate su chat artificiali». Poi Arianna Camporese, medico psichiatra e responsabile del progetto “Cambio gioco” ha aggiunto: «Il 3% della popolazione ha un problema di gioco d’azzardo patologico, ma nei servizi non vediamo tutti gli utenti, perché appena un giocatore su 10 si rivolge a noi. Le donne ancora meno degli uomini, anche se il problema è in aumento tra esse e tra i giovani, cioè target fragili a cui i gestori stanno puntando. Nel Veneto, comunque, le cose vanno meglio che altrove, forse per la prevenzione messa in atto. Durante il lockdown c’è stato un calo di utenti, perché i luoghi di gioco erano chiusi, ma con la ripresa è cambiato lo scenario: sono molti più quelli che fanno “puntate” online e che chiedono aiuto più tardi, quando la situazione si è cronicizzata e diventa difficile da curare. Stiamo aspettando quest’onda, quindi, e sappiamo che arriveranno molti giovani». Sui tipi di gioco ha aggiunto: «Molti soggetti optano per le slot, ma quelli più utilizzati sono i “gratta e vinci”, le scommesse sportive e poi tutti quelli online il cui esito è più veloce. Non abbiamo mai visto, infatti dipendenze da Super Enalotto».
«Per arginare il fenomeno, oltre alla prevenirlo in età scolare, bisogna farlo conoscere, lavorando in rete tra diverse istituzioni».

La prevenzione

Maria Chiara Corti, direttore dei Servizi Socio Sanitari dell’Ulss 6, ha posto l’accento sull’importanza dell’iniziativa che ha raggiunto moltissime persone utilizzando strumenti innovativi, mentre Salvatore Lobello, direttore dell’UOC Serd di Padova e Piove ha proseguito: «Il nostro lavoro ci pone davanti un numero altissimo di dipendenze, da alcol, droga e gioco.

Seguiamo 2.500 pazienti, ma il punto centrale è che bisogna andare verso l’intervento preventivo: è necessario arrivare nelle scuole, avere rapporti con docenti, genitori, e ragazzi, prendendo in mano la situazione prima che il divertimento diventi un problema». Don Luca Facco, vicario episcopale, ha poi evidenziato l’importanza della comunità, mentre il vice questore Domenico Farinacci ha ricordato le ricadute sulla crimonogenesi che hanno le dipendenze. 

Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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