PADOVA - É stata una protesta senza precedenti. In aperto dissenso con la riforma Cartabia, i magistrati hanno promosso un confronto pubblico per spiegare le ragioni di un’astensione che ha soltanto rallentato l’attività degli uffici giudiziari senza paralizzarla. In realtà nell’aula della Corte d’Assise i cittadini si contavano sulle dita di una mano. Ma tra loro c’era un esercente che ha avuto a che fare per molti anni con i tribunali. Franco Birolo, il tabaccaio di Civè prima condannato e poi assolto per aver sparato e ucciso un ladro sorpreso nottetempo a rubare nel suo negozio, ha ascoltato in rigoroso silenzio e senza farsi fotografare le criticità della riforma attualmente all’esame del Parlamento.
«É una battaglia persa - ha esordito la presidente provinciale dell’Anm, Mariella Fino - il pubblico ministero gerarchizzato non sarà più libero di svolgere indagini coraggiose mentre il giudice vestirà i panni del burocrate conservatore. Ma soprattutto non miglioreranno l’efficienza e la rapidità della giustizia penale». «Non accettiamo questa visione verticistica- le ha fatto eco il giudice civile Guido Marzella - siamo destinati a cadere in soggezione del potere politico nonostante la nostra categoria sia la migliore nel panorama della pubblica amministrazione. Vengono aperti 150 procedimenti disciplinari l’anno su un totale di novemila magistrati: sono oltre l’1%, cento volte di più rispetto alle stesse iniziative promosse dall’ordine degli avvocati. E se la riforma ci chiede numeri all’altezza, a Padova li stiamo realizzando da tempo. Lavoro qui da dieci anni: all’epoca servivano sei anni per concludere una causa civile, oggi ne bastano due. Dieci anni fa ogni magistrato aveva in dote 900 fascicoli, oggi ne gestisce appena 200».
«Questa riforma - ha chiosato il pm Giorgio Falcone, organizzatore del confronto - stravolge il titolo quarto della Costituzione, cioè i principi che sovrintendono al funzionamento della giustizia.