«Addio alla moka, il caffè ora è solo in capsula»

Lunedì 19 Aprile 2021 di Edoardo Pittalis
Flavio Ferretti
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PADOVA - Un tempo la preparazione del caffè era una specie di cerimonia familiare. Un rito che seguiva l'acquisto della miscela preferita, in chicchi da macinare più o meno finemente. Il vecchio macinino era immancabile in ogni cucina, quasi sempre del colore del caffè. Infine la caffettiera che per fare un buon caffè non doveva essere nuova, anzi più era usata e più era buono il caffè. Immancabili, a volte numerosi, tra i regali di matrimonio i servizi da caffè.
Sul caffè sono stati scritti canzoni, poesie, pagine di teatro poi è stato il Carosello negli anni del miracolo economico a diffondere un prodotto sempre più di largo consumo, confezionato già macinato per lo scaffale del supermercato.
Erano spot che avevano il sapore del tempo. Vi ricordate Caballero e Carmencita i due pupazzi del Caffè Paulista? Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via diceva lui, mentre il coro si chiedeva: Dov'è, dov'è, dov'è la donna?. Reggeva il confronto con i baffi dell'omino Bialetti, Calimero piccolo e nero, con Angelino di SuperTrim, con Toto e Tata che risolvevano ogni cosa col buon gelato Motta. Certi slogan diventano popolari e in qualche modo aiutano a uniformare la lingua.
C'era un ordine per i bambini: Dopo Carosello tutti a nanna.
I marchi veneti erano in prima fila nella vetrina di ogni sera, prima del tg. In quel Carosello si parlava molto in veneto, era una specie di moda: Mi non so, mi son foresto dice l'omino di un brodo, Miguel son mi aggiunge l'improbabile messicano che aspetta il caffè. È veneziana la Brillantina Linetti, come il Pino Silvestre Vidal. Veneti la Marzotto, gli abiti Facis, l'Ovocrema della Paolini e Villani.
L'allora fondatore Gianni Germani a Padova in quegli anni, getta le basi di una piccola azienda, la Nims, che col tempo si ingrandirà, sempre seguendo il mercato, passando dai materassi all'aspirapolvere, dai robot elettrodomestici alle macchine del caffè. Nel 2017 la Nims è entrata nella Lavazza che ne ha rilevato la società, sfrutta appieno l'epoca d'oro delle capsule, distribuisce macchine direttamente ai consumatori, 70 mila apparecchi l'anno: «Noi siamo totalmente fuori dal mercato dei bar, il 70% è con le famiglie, il 30 per cento con partite Iva e uffici. La dimensione delle nostre macchine ci fa lavorare prevalentemente nelle case, negli uffici e studi professionali».
Lo stabilimento di via della Navigazione Interna ha un fatturato di 103 milioni di euro, conta su un centinaio di dipendenti e alcune migliaia di agenti. In un anno la Nims distribuisce qualcosa come 250 milioni di capsule. A dirigere l'azienda è Flavio Ferretti, genovese, 60 anni, arrivato a Padova per la fusione con l'azienda produttrice di caffè, una vita alla Lavazza. Due figli che vivono in Olanda: «Non sono riuscito a vederli nemmeno a Pasqua. Bisogna sperare nei vaccini per potersi finalmente ritrovare tutti insieme».
Il consumo del caffè è cambiato con la trasformazione della famiglia.

Non c'è più Caballero e nemmeno Nino Manfredi che per vent'anni è stato il testimonial popolare: «Più lo mandi giù e più ti tira su». Col tempo il caffè è salito in Paradiso ed è tornato sulla terra.


Signor Ferretti, il mercato del caffè è cambiato così tanto?
«Negli ultimi 25 anni c'è stata la metamorfosi: prima c'era la Moka e rappresentava la tradizionale famiglia italiana, quella in cui quasi sempre il capofamiglia lavorava e la moglie si occupava della casa e dei figli. Oggi lavorano entrambi i componenti della coppia, pochi figli e spesso affidati ai nonni. Il tempo per fare lavori domestici è crollato. Oggi qualsiasi cosa dia un valore aggiunto a parità di prodotto è molto importante e questo spiega il successo del confezionato. Il caffè ha rispecchiato il mutamento della società. In Italia ci sono 700 torrefazioni, una media di due per provincia. Il mercato del porzionato da solo assorbe un quarto, il resto è ancora sul consumo tradizionale, ma le prospettive parlano chiaro: il futuro sarà della capsula. Va così bene che ci prepariamo ad assumere per questo e per il prossimo anno: stiamo formando personale che lavorerà con noi, in controtendenza con la situazione».


Una vita per il caffè, la sognava da ragazzo?
«Da ragazzo sognavo di andare in giro con una valigetta senza saper cosa volesse dire fare il rappresentante di commercio o il commesso viaggiatore, come si diceva allora. Non avevo chiarissimo cosa fare, ma mi affascinava questa idea, soprattutto mi affascinava andare in giro. Forse l'avevo visto in qualche film e mi era piaciuto. La vita ha voluto che facessi qualcosa di simile e sono contento. Ho potuto davvero girare il mondo. Sono entrato in Lavazza nel 1983 e non ne sono più uscito, mi sono formato all'interno, ho avuto la possibilità di lavorare e di studiare, ho salito gradino per gradino, fino a diventare amministratore dell'azienda padovana. La Lavazza acquisisce il caffè crudo, lo importa, lo trasforma e poi lo vende. Il caffè, come tutti i prodotti della natura, può avere annate buone e cattive, per mantenere la qualità del prodotto alta ci si risvolge ai paesi dove il raccolto è stato buono».


In che modo promettete nuova occupazione?
«Abbiamo creato il personal shopper che è un venditore evoluto. Il mercato è abituato al metodo classico, più fatturato e più prodotti possibile; noi invece vogliamo essere a casa del cliente finale, il personale shopper una volta che ha capito le esigenze della famiglia, formula la proposta commerciale più adatta. Il caffè che una volta si faceva a casa era tutti i giorni lo stesso caffè fatto allo stesso modo. Oggi si può scegliere tra centinaia di gusti: più carico, più leggero, gusto forte, cremoso, decaffeinato Ci sono bisogni nuovi e allora ecco un consulente che conosce bene il mondo del caffè, sa che dentro una famiglia ci sono gusti differenti: c'è un caffè per chi studia, uno per chi lavora, uno a colazione, uno a pranzo, una bevanda più che una pausa. Li prepariamo con corsi di formazione molto intensi, la prima parte è legata alla conoscenza del caffè, del mondo del caffè che è da scoprire e spesso complesso. Poi devono sapere tutto della macchina, perché devono spiegarlo al consumatore anche per quanto riguarda la manutenzione e la soluzione dei problemi. Siamo molto contenti della risposta, in questo momento non abbiamo limiti, pur con le difficoltà della pandemia abbiamo formato 70 incaricati e con la seconda ondata ne avremo altri duecento. I primi sono già in attività e continueremo per tutto quest'anno e per il prossimo. Indirettamente diventa anche un'operazione sociale, siamo alla ricerca di persone che possano lavorare per noi.


E la capsula cambierà?
«L'universo della capsula completa la preparazione, devono conoscere tutte le informazioni relative. Siamo gli unici in grado di fare una capsula da due caffè per volta, certo più conveniente. Inoltre, siamo pronti a lanciare la capsula compostabile che si può buttare direttamente nell'umido perché perfettamente smaltibile».


In che modo la pandemia ha cambiato consumi e mercato?
«Il nostro mercato ha seguito l'impatto del lockdown che ha incrementato i consumi a casa perché non è possibile uscire, andare al bar; il caffè si fa e si consuma a casa e le occasioni per prenderlo sono aumentate. Nel Veneto, come in quasi tutte le regioni del Nord, si consuma maggiormente la miscela Arabica. Più si scende e più le preferenze vanno a una miscela più robusta, più carica. Naturalmente conta anche il prezzo. Ma ovunque si vada, il vero caffè è quello italiano».

Ultimo aggiornamento: 20 Aprile, 09:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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