Farmacisti introvabili nel Padovano, l'Ordine: «Scelgono altri lavori»

Lunedì 31 Ottobre 2022 di Gabriele Pipia
Giovanni Cirilli e Andrea Collesei, farmacisti
11

PADOVA - Continuano ad aprire nuove attività e lavorano sempre più, ma non riescono a trovare dipendenti da assumere. È un vero paradosso ma soprattutto è un grande problema quello denunciato dall’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Padova, subissato nelle ultime settimane di richieste d’aiuto da parte di titolari che non riescono in alcun modo a reperire personale. L’allarme viene lanciato dal dottor Giovani Cirilli, presidente dell’Ordine: «Si sono rivolte a noi 29 farmacie in pochi giorni. Tre sono in città, 22 in provincia e altre 4 hanno chiamato addirittura da fuori provincia. Non riescono in alcun modo a trovare personale laureato». E così il rischio è quello di trovarsi costretti a diminuire i servizi in un periodo storico in cui invece la richiesta si è impennata a dismisura.


LE CAUSE
Il problema ha due radici. La prima riguarda il progressivo aumento di farmacie visto che negli ultimi 10 anni sono una quindicina quelle che hanno aperto in tutto il territorio provinciale. Lo ha permesso il decreto Monti del 2012 che per potenziare il servizio farmaceutico nazionale ha messo a bando 224 nuove farmacie in tutto il Veneto, di cui 43 nel Padovano. Oggi le farmacie in provincia sono 278 e il 90% di queste si è impegnato in prima linea anche con tamponi e vaccini anti-Covid. 
Aumentano il numero di farmacie, il carico di lavoro e spesso anche i fatturati, ma a tutto ciò non corrisponde una crescita del numero di lavoratori. Le iscrizioni all’università sono in calo e sempre più laureati preferiscono andare a lavorare altrove: nelle aziende oppure nelle scuole, visto che ora è possibile insegnare materie come scienze e matematica. 

I NUMERI
All’Ordine dei Farmacisti di Padova sono iscritte 1.750 persone ma il numero è in diminuzione rispetto agli anni passati. «Tanti finiscono l’università ma poi vanno a fare altro - spiega Cirilli -. Probabilmente la professione non attira più come una volta. Tanti prima di farsi assumere chiedono di avere il sabato libero oppure chiedono di lavorare meno delle 40 ore canoniche, preferendo un’altra organizzazione di vita». 

LE SCELTE
Qui però si apre un’altra domanda. Perché molti giovani laureati optano per una carriera aziendale o didattica anziché dietro al banco della farmacia? Per chi va a lavorare nelle aziende influisce senza dubbio il contratto. Lo stipendio-base per un neoassunto in una farmacia si aggira mediamente tra i 1.300 e i 1.400 euro: si può andare a crescere e il recente rinnovo del contratto nazionale offre maggiori garanzie, certo, ma solamente il direttore solitamente arriva a superare i 2.000 euro. Nelle aziende invece c’è più possibilità di fare carriera. 
La conseguenza è che molte farmacie oggi si trovano in grande difficoltà e il presidente Cirilli ne è testimone diretto visto che ora nella sua attività di Sarmeola non riesce in alcun modo a sostituire un lavoratore che ha cambiato lavoro. «Tutto questo rischia di portare le farmacie a ridurre il servizio in un momento ancora critico - riflette - ma bisogna ricordare che per legge abbiamo degli obblighi precisi riguardo aperture e chiusure». 

LA DIFFICOLTÁ
Il sistema ha retto fino all’avvento della pandemia. «Nel 2018 in tutta Italia c’erano quattromila farmacisti a casa senza un lavoro, oggi invece la situazione si è totalmente rovesciata. Eppure alle farmacie sono assegnati sempre più servizi come l’esecuzione di tamponi, le vaccinazioni e gli screening del colon retto diventando sempre più un presidio territoriale molto apprezzato dai cittadini per la professionalità e la grande disponibilità dei farmacisti - continua Cirilli -. Durante il periodo del Covid si è evidenziato il valore delle nostre farmacie con le nostre insegne verdi sempre accese diventando un punto di riferimento per tutti. Per continuare a garantire il nostro sistema necessiterebbe che arrivassero nuove forze formate per le nuove competenze. Si parla ogni giorno della carenza dei medici, ma siamo in grande sofferenza anche noi». 
Cosa serve? «È auspicabile che le università possano togliere il numero chiuso - conclude Cirilli - prima che le farmacie con carenza di personale siano costrette a scelte difficili».

Ultimo aggiornamento: 1 Novembre, 09:50

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci