PADOVA - «Negli ultimi quattro mesi prima della morte della signora non sono più riuscito a parlarle». Sono parole dell’uomo che per vent’anni è stato il factotum di casa Sgaravatti. Non lo citeremo per nome, come abbiamo fatto per rispetto di tutti coloro che sono coinvolti nella vicenda, a parte la badante filippina che ha avviato una iniziativa con il proprio avvocato contestando uno dei due testamenti redatti da Renata Cappellato, moglie di Alberto Sgaravatti, deceduta nel dicembre dell’anno scorso. Ma lui, che chiameremo Nicola, non è uno qualsiasi. La stessa Feny Riton che negli ultimi 7 anni ha fatto da dama di compagnia alla coppia Alberto e Renata lo ha citato spesso nell’intervista che ci ha concesso. «Non era solo un autista. Se c’era un problema in casa interveniva lui. Se si rompeva un tubo o bisognava cambiare la caldaia c’era lui, per andare dal dottore o rifare la patente anche». Insomma sono loro due che hanno vissuto strettamente vicini alla coppia.
LO SCONCERTO
Ora Feny Riton ha avviato un’azione legale perché le volontà di Renata non sarebbero state finora rispettate. Per altro versante gli altri due ex eredi stanno attendendo di vedere la piega che prenderà la vicenda prima di intervenire. «Io capisco solo di piante ma una cosa so - continua Nicola - il rapporto è cambiato improvvisamente. Non era più come prima quando li accompagnavo anche a Roma, se serviva per questioni di affari. Non posso parlare più di tanto perchè c’è chi se ne sta occupando ma la signora che ha messo nell’ultimo testamento negli ultimi vent’anni non l’ho mai vista, credo sia venuta solo una volta quando Renata era moribonda».
Certo è che da allora le cose sono cambiate in azienda. «Siamo stati tutti messi in cassa integrazione. Un vero peccato per il vivaio dove di solito siamo da 9 a 10 persone. E mi dispiace anche per Alberto, un vero signore, animo nobile ed educato che mi ha insegnato tante cose».
LA SVOLTA
Evidentemente allora, l’amicizia e la fiducia verso l’ultima destinataria del patrimonio degli Sgaravatti si deve essere cementata nell’ultimo periodo di vita di Renata Sgaravatti, mentre lei si trovava in ospedale per la chemioterapia. Di sicuro c’è che ora, nella disponibilità dell’ultima menzionata, ci sono diverse proprietà che porterebbero il patrimonio vicino ai 100 milioni di euro. Ad esempio la sola villa Morosini a Saonara è stata valutata 1,750 milioni di euro, qualche anno fa, quando nella compravendita era entrato un ramo della famiglia dei Pittarello ma Alberto all’ultimo momento si tirò indietro. E ancora il palazzo di Prato della Valle del valore di circa 2 milioni, dove viveva la coppia. Ma quello che più conta sono i terreni. Negli anni alcune dismissioni del patrimonio avevano portano una cifra vicina ai 10 milioni di euro. Oltre a questi, ultimamente, 1,6 milioni erano entrati per una campagna di 2 ettari a Vigonovo. Tutto frutto di un’azienda che fra il 1950 e il 1980 ha vissuto il suo massimo splendore prima di affrontare la crisi del 1979 che costrinse Leone Sgaravatti, fratello di Angelo, padre di Alberto a chiudere temporaneamente l’attività per riaprirla poi in Sardegna dove la moglie, Rosi, la porta avanti tutt’ora.
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