Lorenzoni lancia la sfida: «Sono io il candidato giusto per Padova»

Martedì 21 Febbraio 2017 di Nicoletta Cozza
Arturo Lorenzoni
PADOVA - Incassata la fiducia all'interno di Coalizione civica, dove ha vinto la sfida fra i candidati sindaci con il 71% dei voti, ora la sua attenzione è rivolta al Pd. Con il quale è disposto ad aprire il dialogo per raggiungere un obiettivo: fare le primarie del centrosinistra. Arturo Lorenzoni, da ventiquattr'ore candidato ufficiale appunto di Coalizione civica, è pronto ad affrontare questa seconda fase della campagna elettorale.

Professore, adesso cosa succede?
«Dalle urne di Ca'Sana è uscito un messaggio concreto per il governo della città, arrivato dopo giorni di lavoro in un clima sereno, caratterizzato da una grande partecipazione. Ora conto sul supporto sia della Rizzetto, che di Curi, che è un creatore di pensiero. Adesso, però, bisogna vedere che cosa deciderà il Partito Democratico: il mio auspicio è che si attivino i tavoli per concordare programmi e modalità per le primarie».

Perché secondo lei sono proprio necessarie?
«Per aggregare in modo virtuoso l'elettorato di centrosinistra, in modo da arrivare ad avere un unico candidato, forte e legittimato, che faccia riferimento a quest'area. In questo momento, quindi, in corsa saremmo io, Sergio Giordani, e Jacopo Silva, se confermerà l'intenzione di candidarsi. Le primarie sarebbero un percorso virtuoso, che manderebbe alle urne un centrosinistra compatto. Io sono a disposizione».

E se il Pd decidesse di non farle?
«Lo spazio per un accordo c'è sempre, anche se non sarebbe semplice per me accettare un ruolo subalterno a Giordani in quanto ritengo di essere il candidato più adeguato a rappresentare le forze di centrosinistra a Padova. Io, comunque, confido nel buonsenso e spero che non ci sia un atteggiamento rigido, di chiusura nel Pd: non avrebbe senso, e sarebbe autolesionista».
 
Non accetterebbe quindi la proposta del Pd finalizzata, in caso di elezione di Giordani, di fare il vicesindaco?
«Un percorso del genere non sarebbe vincente, perché rappresento meglio io il centrosinistra. Più logico sarebbe che io facessi il sindaco e lui il vice. Ma il punto di caduta restano sempre le primarie».

Ma non ha paura di confrontarsi con Giordani?
«Nessuna, perché non ho niente da perdere. E poi ritengo che il lavoro che stiamo facendo all'interno di Coalizione civica sia troppo bello per non essere apprezzato. Non chiedo favori, ma solo un percorso di correttezza, trasparenza e coinvolgimento delle persone».

Quali sono i punti su cui lancia il suo programma?
«Partiamo da innovazione e sostenibilità, che significa introdurre appunto politiche innovative in ambito urbano per migliorare la qualità della vita. Un esempio? Ci sono strumenti di gestione intelligente del traffico che fanno risparmiare tempo, evitare code, ridurre le attese e l'inquinamento, oltre che offrire nuove opportunità alle attività produttive. Poi mi preme l'inclusione sociale, cioè la messa in atto di un governo della città capace di prendersi cura delle fragilità delle persone, siano esse anziani, giovani, disabili o soggetti soli. Costoro devono essere la ragione dell'azione dell'amministrazione, cioè un elemento di coagulo per ritrovare la coesione sociale. Infine la bellezza, che per me significa l'aspirazione a riportare la tradizione culturale di Padova all'altezza della sua fama».

Su Ospedale e Plebiscito cosa dice?
«Per quanto riguarda quest'ultimo, da rugbista dico che deve rimanere il tempio della pallaovale, mentre il calcio deve restare all'Euganeo, che va migliorato. Sull'ospedale, invece, a priori non dico sì o no a nessuna ipotesi, ma sostengo che sia necessario offrire ai padovani un'assistenza sanitaria di altissimo livello e dare gambe alla Scuola di Medicina sulla base di un progetto sanitario urbano che analizzi tra le altre cose il rapporto tra costi e benefici, che tenga conto delle spese di manutenzione e del nuovo utilizzo dell'area di via Giustiniani, qualora il nosocomio si realizzi altrove».

Che messaggio lancia al Pd?
«Dialoghiamo, perché l'interesse comune è vincere le elezioni».
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