PADOVA - A Padova è la bottega storica per eccellenza. Non per antichità, ma perché tutti la conoscono: la Drogheria Preti, all’angolo tra Prato della Valle e via Belludi, cattura da sempre lo sguardo di chiunque ci passi davanti: padovani, turisti, grandi e piccini.
Ci racconta qualcosa sulla storia della drogheria?
«La drogheria Preti apre nel ’36, quando Giuseppe Preti, che aveva già dei magazzini all’ingrosso in zona Arcella, apre questa attività. Alcuni anni prima era stata aperta via Luca Belludi, che prima era chiusa: una vera “via della Conciliazione padovana”, che conduce dritta alla Basilica del Santo. Lo spazio era interessante e Preti decide di provare, con successo, ad aprire una bottega. Il locale in realtà era preesistente: probabilmente all’inizio era occupato da un artigiano, poi nel 1868 diventa farmacia. Dopo l’apertura di via Belludi, la farmacia si trasferisce dall’altra parte della strada e qui lascia arredi, vetrine e vasi. La gestione continua così fino al 1963 quando Luigi Zuin, già garzone di bottega, rileva l’attività e aggiunge il suo nome all’insegna».
E poi, nel ’99, arriva lei…
«Esatto. Quando ho preso in mano la bottega, Luigi era mancato da poco e i familiari cercavano nuovi acquirenti. Io lavoravo come rappresentante, un mestiere che non mi dava grande soddisfazione economica e quindi mi guardavo intorno. Inizialmente mi giunse la notizia che c’era la possibilità di rilevare un bar, poi venne fuori che in realtà quello del bar era solo un progetto e che il locale in questione era la drogheria Preti. Io avevo bisogno di lavorare e questa mi sembrava una buona occasione, ma non volevo aprire un bar, mi sembrava uno spreco. Perché dissipare questa ricchezza? Di bar ce n’erano già tanti. Andai a parlare con i familiari di Zuin, dissero che se volevo mantenere la drogheria erano disposti a venirmi incontro sul prezzo, perché anche loro avrebbero preferito così. Allora ci mettemmo d’accordo e furono loro, inizialmente, ad insegnarmi il mestiere».
E in questi vent’anni cos’è successo?
«Per cominciare ho cresciuto un figlio, che ora ha 27 anni e qualche volta viene a darmi una mano. E io ho imparato il mestiere, che come dicevo è molto particolare. Ho lavorato molto, mi sono anche divertito e ho avuto le mie soddisfazioni. Ho un assortimento unico, non esiste una drogheria fornita come questa: non lo dico io, ma i clienti, anche quelli stranieri. Un momento molto emozionante per me è stato nel 2007, quando sono stato nominato “Padovano Eccellente”, non avevo ancora quarant’anni ed ero uno dei più giovani».
Pensa mai al futuro della bottega?
«Certo, senza fretta ma ci penso spesso. Non solo al futuro della mia bottega ma anche a quello delle botteghe storiche in generale, che qui a Padova è incerto. Ancora manca una normativa che ne vincoli la destinazione, e in più trovare giovani davvero motivati a continuare il mestiere è sempre più difficile. Dal canto mio, ho cominciato a lavorare a 16 anni, quindi ne ho 39 di contributi. Sì, 39 anni dietro un banco, non sono pochi. Non ho l’ansia di smettere di lavorare, ma sicuramente alla pensione inizio a pensarci. Mio papà l’ha passata in camper, a me piacerebbe trascorrerla in mare, viaggiando in barca a vela.
Ma che si fa con la bottega?
«Mio figlio mi dà una mano ogni tanto, ma la sua generazione è diversa, ha altri progetti. Mi piacerebbe trovare un erede che mantenga tutto così com’è, ma come dicevo non è facile».
E allora?
«E allora mi è balenata un’idea: aprire un circolo, un’associazione tipo “amici della Drogheria Preti”. Ci sono tante persone che mi dicono che verrebbero qui volentieri, mettendo un po’ di tempo a disposizione. Un paio d’ore, mezza giornata, dipende. Mi piacerebbe iniziare così. Parlo di ore retribuite naturalmente, che le persone potrebbero spendere qui imparando il mestiere. Sarebbe essere una soluzione almeno per un certo periodo di tempo, poi magari fra queste persone che si avvicinano per passione potrebbe venir fuori qualcuno disposto davvero a prendere a cuore la bottega. E allora si vedrà».