Droga, la città crocevia internazionale dello spaccio in mano a bande rivali

Sabato 22 Gennaio 2022 di Serena de Salvador, Marina Lucchin
I recentissimi arresti della Mobile tra la banda dei tunisini
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PADOVA - Per vent’anni fu via Anelli. I palazzoni del complesso Serenissima, inizialmente abitati da professionisti e studenti, sono stati l’emblema del degrado cittadino, a partire dallo spaccio di droga. Poi sono arrivati gli espropri, gli ingressi murati, fino all’abbattimento totale. Nel frattempo però le ondate migratorie hanno portato migliaia di stranieri irregolari che hanno riparato in città vivendo di espedienti e nel contempo è cresciuta a dismisura la richiesta di stupefacenti, con Padova che fa da centro nevralgico di tutto il Triveneto. Così domanda e offerta si sono alimentate a vicenda, portando il mercato della droga a espandersi e dividersi nei quartieri. L’operazione della Squadra mobile, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Venezia, ha evidenziato come a farla da padrone, per lo più, ora sono bande di tunisini, pronti a spargere sangue nei regolamenti di conti.

Una città divisa in due. Da una parte la banda dei Gargaria che occupava San Carlo, Pontevigodarzere, Mortise e Torre, mentre i rivali spadroneggiavano tra Prato della Valle, il Bassanello e la Guizza. Oggi le zone calde sono l’Arcella, ma anche la Stanga, Pontevigodarzere e il comparto stazione-Fiera dal lato del centro per rifornire chi arriva da fuori città. E ancora il Portello, con lo smercio destinato agli studenti. Ora è attenzionato speciale anche il rione Palestro.

L’ANALISI
«La lotta al traffico di droga è una costante priorità – ha spiegato il questore Antonio Sbordone –. In pochi giorni sono state messe a segno due importanti operazioni, con il sequestro di chili di stupefacente e decine di arresti. Ciò mostra un’attività che non dorme mai da parte delle forze dell’ordine, ma ci mette anche davanti all’evidenza di una lotta infinita, di cui vinciamo battaglie importanti, ma in una guerra su cui è impossibile mettere la parola fine».  Per il questore il dato essenziale per capire il mondo della droga a Padova è la domanda. «Circola moltissimo stupefacente, di ogni tipo – prosegue Sbordone – lo si vede anche nelle classifiche nazionali, dove però è bene evidenziare che a Padova i numeri sono alti perché ci sono moltissime iniziative di contrasto, che portano a moltissimi sequestri, arresti e denunce». Anche il tipo di stupefacente è cambiato. «Oggi le cosiddette droghe leggere contengono di tutto, anche sostanze pericolose e quello della cocaina è un mercato fiorente – aggiunge il questore – ma un altro gravissimo problema è la proliferazione dell’eroina anche tra giovanissimi: oggi non si inietta quasi più, viene fumata e costa poco perché tagliata con elementi terribilmente nocivi. Così chiunque può acquistarla e consumarla. E il danno è duplice: per la salute del singolo, ma anche per la collettività. Questa dilagante sensazione che l’uso di droga sia sdoganato deve essere fermamente repressa. Però non basta il lavoro delle forze dell’ordine: serve un approccio a tutto campo, educativo e sociale, che coinvolga le scuole, le istituzioni, le famiglie».

Insomma, un cambio di mentalità. Ma come arriva la droga a Padova? I quartieri sono spartiti fra gruppi criminali, in cui gli spacciatori di strada non sono che l’ultimo e più debole anello. «Principalmente vi è la rotta dall’Est Europa, gestita da albanesi, a cui si affianca quella dal Nordafrica – aggiunge Sbordone –. La droga entra in Italia soprattutto attraverso i porti marittimi, ma resistono ancora anche gli ingressi via terra. Per quanto riguarda i gruppi di trafficanti africani, vediamo anche che i pusher di strada sono ragazzi sempre più giovani, irregolari molto spesso ancora minorenni. Fra i consumatori invece vediamo che ormai figurano tutte le età e le fasce sociali: per Padova passano grandi carichi diretti in altre città, vi sono poi i clienti della fascia 40/50 anni che sono fra i più numerosi, ma anche moltissimi giovani, come dimostra il ritorno in auge dell’eroina. Non possiamo abbassare la guardia».

LA MAPPA
E se vent’anni fa la vera centrale della droga era concentrata quasi unicamente in via Anelli, con “dépendance” la zona di stazione e il Prato, oggi le varie etnie di pusher si sono distribuite la città. Così se è vero che i pusher tunisini la fanno da padrone nella zona delle piazze e i nigeriani in quella di via Maroncelli-Grassi-Masini, all’Arcella o in stazione riescono a convivere “spaccini” di varie nazionalità, mentre in via Tommaseo, in posizione più defilata, ci sono gli asiatici “specializzati” in shaboo. Ma da qualche tempo, dal 2018 come ha evidenziato l’operazione della Squadra mobile di ieri che ha decapitato la banda dei Gargaria, i tunisini stavano portando verso i quartieri più a nord e a sud le nuove centrali dello spaccio. Chili e chili di droga, tra cocaina, eroina e cannabinoidi smerciate a piccole dosi dai “cavallini”. Una gestione “familiare”: il boss Skander Ben Razak, che accoltellò un connazionale rivale a San Carlo, condivideva il vertice col fratello Mohamed Amine e quando questi erano in carcere, durante i colloqui coi parenti, continuavano a dare ordini al proprio clan attraverso i loro genitori e la cognata (moglie di Mohamed).

Ultimo aggiornamento: 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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