Dipinti antichi dei Musei Civici in questura, le opere si ispirano alla giustizia

Giovedì 15 Settembre 2022 di Nicoletta Cozza
TELE ANTICHE IN QUESTURA Il questore e l'assessore alla cultura

PADOVA - Il tema a cui si ispirano è la giustizia. Uno rappresenta il crimine, il secondo il giudizio e il terzo il pentimento. Non potevano trovare collocazione più idonea gli antichi dipinti provenienti dal caveau dei Musei Civici che ora sono appesi nella sala di rappresentanza della questura, mentre un quarto, della fine del Settecento, intitolato “Veduta di Prato della Valle con parata militare”, ha trovato posto nell’ufficio del questore Antonio Sbordone.
A sottolineare l’importanza dell’operazione, un prestito per 5 anni frutto della collaborazione tra il Comune e i vertici di Piazzetta Palatucci, sono stati lo stesso Sbordone, l’assessore Andrea Colasio e la conservatrice del Museo d’arte Elisabetta Gastaldi. L’iniziativa, che mira anche a valorizzare il patrimonio artistico cittadino che per mancanza di spazi resta in deposito, fa seguito al recupero dell’affresco di Fulvio Pendini, lungo 6,90 metri e largo 3,20, che si trova sempre a palazzo Wollemborg, tornato di recente alla bellezza originaria, grazie a un minuzioso restauro.
Il primo dipinto, scenografico e attribuito a Giuseppe Diamantini, illustra il tema legato al mito di Niobe; il secondo è un Giudizio Universale, copia di quello di Michelangelo, del ‘500, mentre il terzo mostra una Maddalena penitente del ‘600. Infine c’è la riproduzione “visionaria” del Prato, una sorta di foto dell’epoca, con il passaggio della banda militare davanti all’isola Memmia, dove si vede una fontana, richiestissima, ma rimasta all’epoca nei progetti.
MIGLIORARE L’ESTETICA
«Qualche mese fa avevamo scelto i quadri - ha sottolineato Sbordone - e, dopo il restauro delle cornici, finalmente si possono ammirare. Ci tenevo che l’operazione andasse a buon fine, in modo da migliorare dal punto di vista estetico il luogo dove lavoriamo io e i miei collaboratori. Mi piace essere circondato da cose belle, e questi dipinti sembrano fatti per stare qui, e ci tengo anche che venga rappresentata l’immagine di un questore, o di un poliziotto, che si avvicina all’arte. Ho intenzione di far vivere la sala, che merita di essere vista e apprezzata, e quindi chi è interessato potrà prenotare la visita. E poi ho in animo di attivare lo scalone, molto bello, che porta proprio in questo sito. Siamo un’istituzione che vuole essere sempre più integrata, con gli enti e con i cittadini: una strada che crea fiducia e porta benefici anche alla nostra missione istituzionale che è la sicurezza pubblica».
«Non succede spesso - gli ha fatto eco Colasio - trovare un questore che abbia grande sensibilità, e dimostri amore per l’arte, e ne è una dimostrazione ulteriore il fatto che abbia voluto far restaurare l’affresco di Pendini, mentre in passato sopra a esso erano stati attaccati persino i cavi del telefono.

Questa è una sala importante e quando ci ha chiesto dei quadri abbiamo fatto un ricerca per scegliere i più adatti: si tratta di opere importanti, che ridanno al Palazzo l’antica bellezza, carica di memoria cittadina. Pertanto, metterle a disposizione della gente significa attuare politiche culturali in modo capillare e sistematico, in una città d’arte con il ciclo trecentesco Patrimonio Unesco».

Ultimo aggiornamento: 07:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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