La Cassazione: «Isabella uccisa da quei tre». La frase di Debora il giorno dell'arresto: «Ma dov'è il corpo?»

Domenica 28 Marzo 2021 di Marco Aldighieri
La Cassazione: «Isabella uccisa da quei tre»
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PADOVA - Le 37 pagine della motivazione della sentenza pronunciata il 18 novembre dell'anno scorso dalla Corte di Cassazione hanno messo la parola fine al giallo del delitto di Isabella Noventa. I giudici hanno ancora una volta ribadito come l'omicidio nel 2016 della segretaria di Albignasego, un comune di 26 mila anime alle porte di Padova, sia stato premeditato nei dettagli. Come è stato volutamente occultato il cadavere della donna, così da non essere più trovato. «Un poliziotto della Squadra mobile - ha ricordato Paolo Noventa, fratello di Isabella - mi raccontò del giorno dell'arresto di Debora Sorgato. Quando le dissero di procurarsi un avvocato per difendersi dall'accusa di omicidio, lei rispose in tono molto duro: ma dov'è il corpo?».

I giudici della Suprema corte nelle motivazioni della sentenza non fanno altro che ripercorrere l'impianto accusatorio confermato in Corte d'Appello a Venezia del 9 ottobre del 2018. E quindi confermando trent'anni di reclusione per Freddy Sorgato, 51 anni autotrasportatore di Noventa Padovana, e per la sorella Debora, 49 anni, padovana, di professione colf, per omicidio volontario con l'aggravante della premeditazione, soppressione e distruzione di cadavere, sedici anni e dieci mesi per la tabaccaia di Camponogara Manuela Cacco, 57 anni, accusata di concorso negli stessi reati, atti persecutori e simulazione di reato. Confermati anche i risarcimenti ai familiari della vittima, quantificati in complessivi 900 mila euro, e all'ex marito Piero Gasparini (100 mila euro) difeso dall'avvocato Ernesto De Toni.

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IL TENTATIVO

Come si evince leggendo le motivazioni della sentenza l'avvocato più attivo nel provare a scagionare il suo assistito Freddy Sorgato, è stato il legale Gian Luigi Pierracini del foro di Ferrara. Davanti alla prima sezione penale della Corte di Cassazione ha portato nuovi motivi per minare la tesi accusatoria. L'avvocato ha sottolineato una carenza probatoria, perché a suoi dire ancora non si è capito chi ha ucciso materialmente la segretaria. Sull'ammissione di Freddy di avere soffocato Isabella durante un gioco erotico, lo ha difeso ricordando della pressione subita durante l'arresto. Infine sul movente omicida, ha ricordato come secondo lui non sia plausibile. Fino a giocarsi il colpo di scena: «Il fratello di Isabella è stato condannato per esercizio abusivo della professione odontoiatrica, e sia lui che la sorella sarebbero persone più volte beneficiarie di prestiti erogati al di fuori di circuiti ufficiali. All'interno di questi rapporti, definiti loschi, sarebbero da individuare le effettive ragioni dell'omicidio di causa».
Ma i giudici della Suprema corte oltre a rilevare come alcuni nuovi motivi siano stati presentati nella sede sbagliata, hanno abbracciato in pieno la tesi accusatoria che ha portato alla condanna di Freddy sia in primo che in secondo grado. L'avvocato di Debora, Giampaolo Cazzola, ha provato invece a scaricare le responsabilità dell'omicidio su Manuela Cacco sostenendo che la tabaccaia era presente al fatto assieme ai due fratelli. Ed è stata la prima volta che la difesa della colf ha compiuto un'ammissione implicita, affermando che Debora era presente quando Isabella è stata uccisa. Non si è invece spostata di un millimetro la linea difensiva di Manuela Cacco, affidata agli avvocati Alessandro Menegazzo e Fabio Dei Rossi. Ovvero la derubricazione del concorso in omicidio in favoreggiamento, o in subordine la cancellazione della premeditazione. Ma anche in questi casi la Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi delle due imputate.


LE REAZIONI

«Non ho mai nutrito dubbi sulla giustizia - ha dichiarato Paolo Noventa - e l'impianto accusatorio messo in piedi dal pubblico ministero Giorgio Falcone è granitico. I tre non hanno mai avuto alcuna via di scampo. Le indagini sono state condotte alla perfezione. Adesso ne riparleremo tra vent'anni, quando forse usciranno dal carcere». Su quanto detto dal legale Pieraccini davanti ai giudici della Suprema Corte su di lui e la sorella ha risposto: «Poteva evitarlo, quello che ha riportato non c'entra nulla con l'omicidio e mia sorella non aveva alcun debito o affare losco». 

Ultimo aggiornamento: 17:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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