Davide, chitarrista autodidatta, dai pub dei Colli ai successi con Battiato e Max Pezzali

Mercoledì 14 Dicembre 2022 di Gabriele Pipia
Davide Ferrario sul palco mentre suona per Pezzali
1

MONSELICE - Il silenzio dei Colli euganei e il frastuono elettrizzante di San Siro. Un sentiero deserto e uno stadio stracolmo. Davide Ferrario vive così, agli antipodi. Da una parte il successo artistico che lo sta portando in tour con Max Pezzali facendo registrare ovunque il tutto esaurito e dall'altro l'amore per la quiete padovana dove torna ogni volta che può. Originario di Monselice, 41 anni, si è fatto conoscere al grande pubblico prima come chitarrista del maestro Franco Battiato e poi al fianco di Pezzali rivivendo il mito degli 883.

Lei vive a Milano ma non si è mai staccato del tutto dai Colli euganei
«Per me sono il posto più rilassante al mondo.

Parto da Milano caricandomi in auto la mia bicicletta e appena arrivo qui sto bene davvero. E' rigenerante».

Partiamo dall'inizio, da Monselice. Musicista fin da bambino?
«Mio padre ha sempre strimpellato quindi a casa nostra sono sempre girate chitarre e tastiere, ma sono sempre stato autodidatta. Ho fatto solo tre anni in una scuola media ad indirizzo musicale, ma il mio insegnante di chitarra era talmente disperato per la mia poca voglia di studiare che non mi fece fare nemmeno il saggio a fine anno...».

Come accade ad un giovane musicista autodidatta di trovarsi accanto a uno dei più grandi cantautori italiani?
«Suonavo con amici in una band che si chiamava FSC, ci divertivamo tra i locali veneti facendo quello che si definiva rock alternativo. Un giorno abbiamo spedito una nostra demo allo studio di registrazione milanese dove all'epoca Franco Battiato stava cercando un trio chitarra-basso-batteria per il suo album Dieci stratagemmi. Ci ha scelto. Avevo 23 anni, è stata un'esperienza meravigliosa ed è durata 12 anni».

 

La raccontiamo?
«Provenivamo dai contesti di pub e birrerie, ci siamo trovati a realizzare un sogno. Facevamo musica propria, non avremmo mai immaginato che saremmo finiti sul palco con Battiato e perfino a Sanremo. Lui era davvero molto simpatico ed era molto più semplice di quello che poteva sembrare. Con noi è sempre stato carino, comprensivo e disponibile. Il primo grande palco fu all'Alcatraz di Milano. Era il 2005, avevo 24 anni».

Quanti ricordi si porta dietro?
«Un miliardo. Lavorare con lui era davvero una vacanza pagata. Tutto semplice, sereno e scorrevole. Mai nessun momento di tensione. Avevo un grande timore reverenziale ma captare i suoi pensieri e i suoi ragionamenti è stato di grande aiuto. Un vero modello, mi manca molto».

E lì è decollata la carriera portando alla prima grande scelta: trasferirsi.
«Sì, quando riesci ad entrare in quel mondo poi si creano contatti e situazioni interessanti e da progetti nascono altri progetti. Quando ho lasciato Monselice per Milano avevo 29 anni e una grande voglia di mettermi completamente in gioco».

Intanto nel 2013 è arrivata anche una nuova grande sfida: Max Pezzali.
«Avevo saputo che il chitarrista che c'era prima di me voleva smettere per dedicarsi ad altro e ho annusato la situazione da fuori. Non conoscevo Max ma mi sembrava davvero una persona con cui lavorare bene. E' come lo si vede. Ci sentiamo tutti i giorni, oltre al lato musicale c'è tra noi un lato di cazzeggio in cui mi ritrovo molto».

Ora però è ben di più di un chitarrista. Pezzali ai concerti la presenta come Il miglior producer che potessi avere.
«Max con me esagera, di certo quella della produzione è un'altra grandissima esperienza».

Spieghiamola. Cosa fa un produttore?
«Quando un cantante scrive la canzone manda in gergo dei provini, delle bozze, che poi il produttore prende e sviluppa. Questo lavoro lo faccio con Max dal 2015 e ora faccio anche il direttore musicale, quello che coordina gli altri musicisti sul palco».

L'emozione di suonare lo scorso luglio in un San Siro bollente di entusiasmo?
«La nostra generazione è cresciuta con Max: anche chi non era un grandissimo fan si rendeva conto di conoscere le canzoni a memoria, a San Siro sembrava un grande karaoke. Il colpo d'occhio è stato pazzesco ed è arrivato dopo due anni di rinvii a causa della pandemia. E' stato tutto molto liberatorio».

Progetti futuri?
«Ho una vita artistica parallela fatta di musica elettronica e dj set, ho appena finito un disco che non so quando pubblicherò. Mi piacerebbe lavorare anche nelle colonne sonore. Poi, se mi vedo da anziano, mi vedo in Veneto. Quando vado a correre sul lungargine del Brenta penso che sia uno dei posti dove si vive meglio in Italia. Padova è a misura d'uomo ed è bellissima. E non vedo l'ora di tornarci anche per suonare».

Ultimo aggiornamento: 12:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci