PIOVE DI SACCO - Un primo filone del crac di Padova Tre si sta per concludere. Il pubblico ministero Andrea Bigiarini, ieri davanti ai giudici del Tribunale collegiale di Rovigo, ha chiesto una condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di peculato per Simone Borile e Stefano Chinaglia. Inoltre ha chiesto la confisca di 2 milioni e 122 mila euro. Sono cadute invece le accuse di falso materiale, frode nelle pubbliche forniture, emissione di fatture false e false comunicazioni sociali. Per tutti questi reati è stata chiesta l’assoluzione o è già intervenuta la prescrizione.
Non solo, perchè assoluzione e prescrizione sono state chieste anche per gli altri sei imputati: Stefano Tromboni (difeso dall'avvocato Ernesto De Toni), Gaetano Battocchio, Paolo Mastellaro, Egidio Vanzetto, Angelo Donato e Gianmarco Rando. La prossima udienza è stata fissata per il 16 di febbraio e sarà il turno dell’arringa delle difese.
IL PECULATO
Borile e Chinaglia devono appunto rispondere di peculato perché si sarebbero appropriati della quota del 5% della Tari incassata dagli utenti per un importo di 3.294.952 euro. É una questione controversa su cui si era espressa anche la Cassazione ridimensionando la portata dell’accusa. La Procura non ha però ritenuto di dover modificare l’imputazione derubricandola in truffa come suggerito dalla Suprema Corte.
IL RESTO DELLE ACCUSE
L’impianto accusatorio, di fatto, durante il dibattimento è stato smontato dalle difese. Il triumvirato formato dagli amministratori della Srl Simone Borile, Stefano Chinaglia e Stefano Tromboni avrebbe dovuto rispondere di falsità materiale in concorso, aggravata dall’abuso di prestazione d’opera e con violazione dei doveri inerenti il pubblico servizio. Stando all’accusa, i tre avrebbero prodotto falsi piani economico finanziari elaborati da Padova Tre per il 2013 e dal Consorzio Padova Sud per il 2014 e il 2015. Si tratta in pratica di bollette gonfiate per la bellezza di 15 milioni di euro di cui, secondo l’accusa, si è persa traccia.
Padova Tre avrebbe quindi imposto alla clientela maggiori “addizionali tariffarie” venendo meno ad una corretta applicazione dei principi contabili.