Sempre più giovani contagiati dal Covid: in terapia intensiva un ragazzo di 21 anni

Giovedì 11 Marzo 2021 di Gabriele Pipia
Aumentano i ricoveri in Terapia intensiva
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PADOVA - Una settimana in Terapia intensiva, attaccato a un macchinario per l’ossigeno, senza nemmeno poter stringere la mano di un familiare. Una scena drammaticamente frequente nell’ultimo anno di pandemia. Questa volta però c’è una sostanziale differenza: in quel letto dell’ospedale di Cittadella non troviamo un anziano e nemmeno un cinquantenne. Il paziente è un ragazzo di 21 anni, sano di salute, finito in questo reparto quasi senza rendersene conto dopo aver contratto la variante inglese del Coronavirus. I numeri dell’ultimo mese parlano chiaro e fanno paura: sempre più ricoverati e sempre più giovani. L’esempio più evidente è proprio questo adolescente che vive nel comune di San Martino di Lupari, dove i contagi sono schizzati ed è stato registrato pure un focolaio alla scuola elementare. 


IL PIÙ GIOVANE
Il ventunenne è stato ricoverato il 26 febbraio. Erano positivi sia il fratello che il padre e le sue condizioni sono risultate subito gravi per via delle difficoltà respiratorie. Dimesso da pochi giorni, si trova ora al reparto di Pneumologia e spera di essere trasferito presto in Medicina per poi poter finalmente tornare a casa. La notizia si è diffusa rapidamente nei paesi dell’Alta Padovana dove i contagi si sono impennati (tanto da portare alla chiusura delle scuole) e dove il distretto sanitario lavora al ritmo di 1.500 tamponi al giorno. 


I NUMERI
Il bollettino regionale dice che nella provincia di Padova le persone attualmente positive sono 7.700. In un giorno sono stati registrati 313 nuovi contagi e sei decessi. La curva dei ricoveri in Rianimazione non mente e per rendersi conto dell’impennata basta confrontare le ultime tre settimane. Mercoledì 24 febbraio i ricoverati in Rianimazione erano 30, mercoledì 3 marzo siamo saliti a 39 e ora siamo già arrivati a quota 46. 
Per fare fronte a questo trend l’unica strada possibile è riaprire reparti Covid. Rimanendo sempre nell’Alta Padovana, da una settimana all’ospedale di Camposampiero è tornata ad esserci una Terapia Intensiva dedicata esclusivamente ai pazienti colpiti dal virus.

Otto posti letto che ieri hanno raggiunto la saturazione: tutti pieni. Anche qui sono passati diversi pazienti con meno di cinquant’anni. 


LA DIRETTRICE
La dottoressa Astrid Ursula Behr, di origine tedesca ma punto di riferimento della sanità padovana da venticinque anni, è la direttrice della Terapia Intensiva di Camposampiero ma ha una visione ben più ampia perché parla in qualità di responsabile per il Veneto della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti). «C’è una grande recrudescenza del virus, sento anche tanti colleghi di altre Regioni e sono tutti preoccupati. L’impronta della variante inglese è evidente - spiega - e spesso ci troviamo di fronte a pazienti molto giovani. Le tac polmonari spesso sono davvero impressionanti. Da metà novembre ad oggi abbiamo già dovuto ricoverare un’ottantina di pazienti: a fine febbraio per qualche giorno abbiamo vissuto un calo cercando di tornare ad accogliere pazienti chirurgici, soprattutto oncologici, ma è durata poco. La situazione ci obbliga di tornare a dedicare un intero reparto ai pazienti Covid». 


LE NOTE LIETE
Proprio ieri è stato dimesso dal reparto un settantacinquenne ricoverato esattamente due mesi fa. «A questi malati noi ci affezionano e ricordo perfettamente tutte le loro storie. Quando escono da qui gli facciamo l’in bocca al lupo, gli diciamo che possono finalmente ritrovare la libertà e gli ricordiamo che hanno scalato una montagna», racconta la dottoressa.
I pazienti e le loro famiglie rispondono a modo loro, con piccoli gesti che valgono tantissimo. A Natale in reparto arrivavano i panettoni, a carnevale i vassoi di frittelle, tra poco sarà tempo di colombe. Intanto, ogni settimana, non mancano le lettere commosse e le confezioni di cioccolatini, accompagnate sempre da occhi lucidi e ringraziamenti. La dottoressa Behr, sommersa di lavoro, alle sette di sera guarda fiera la propria equipe e poi sorride: «Ogni dimissione per noi è una festa».
 

Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 08:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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