PADOVA - «Ristoranti ai minimi storici. Quattro su dieci saranno chiusi e due su tre lavoreranno addirittura meno che nel 2020». Quella che tradizionalmente è una delle giornate più fruttuose dell'anno, per il secondo anno di fila rappresenta invece il simbolo della crisi dei locali padovani. A dipingere il momento più difficile è l'associazione dei pubblici esercizi Appe dopo aver condotto un'indagine in vista di una giornata di festa in cui saranno possibili solamente l'asporto o la consegna a domicilio. Un grido d'allarme, ma non solo. Ieri l'associazione presieduta da Erminio Alajmo ha infatti reso noto il lungo elenco di richieste avanzate nei giorni scorsi a trenta esponenti politici padovani tra parlamentari, rappresentanti regionali e amministratori locali.
LE RICHIESTE
L'Appe nell'ultima settimana ha incontrato in collegamento web diversi nomi di spicco della politica padovana (dai senatori De Poli, Ostellari e Toffanin all'assessore regionale Marcato, fino a molti sindaci e assessori comunali) elencando nel corso di tre riunioni tutte le proprie richieste. Partiamo dagli interventi a breve termine. L'associazione chiede, tra le tante cose, l'azzeramento della parte variabile della tariffa di asporto rifiuti, della quota statale Imu, del canone di occupazione suolo pubblico e del canone Rai. L'Appe sollecita la politica anche per una facilitazione dell'accesso al credito e per i contributi a fondo perduto collegati a micro-investimenti. Chiesti interventi anche per rilanciare il settore dei matrimoni, come ad esempio contributi a fondo perduto di mille euro alle coppie che si sposano nel 2021 e il riconoscimento dei ristoranti come casa comunale.
I PROSSIMI MESI
A medio termine invece l'Appe si aspetta una reintroduzione dei voucher, il rinnovo del credito d'imposta sulle locazioni commerciali, azioni per abbassare gli affitti agevolando i proprietari e semplificazioni per l'organizzazione di eventi con delle precise deroghe per tutto il 2021. Per ridurre la concorrenza, infine, si chiede anche una regolamentazione della somministrazione di alimenti e bevande durante sagre e altre manifestazioni. È stata invocata, infine, una regolamentazione dell'attività di ristorazione svolta nel proprio domicilio (il cosiddetto home restaurant), considerata attività parallela rispetto ai pubblici esercizi.
L'IMPEGNO
La politica ha ascoltato, ha annuito e ha promesso massimo impegno. Vincenzo Allegra, rappresentante Appe che ha partecipato a tutti gli incontri, ora allarga le braccia: «Ci auguriamo che alle belle parole espresse dalla controparte politica possano presto seguire anche i fatti concreti. Le imprese ormai sono allo stremo». Poi entra nel merito: «Riteniamo che sia dovere della politica fare tutto il possibile per sostenere il comparto della somministrazione di alimenti e bevande e, con esso, di tutta la filiera agroalimentare, di fornitura, di lavoratori che sta alle spalle di ogni pubblico esercizio».
I NUMERI
Interessante poi l'indagine provinciale su ristoranti, trattorie e pizzerie in vista della giornata di oggi. Il 65% dei tremila locali padovani è aperto per pranzo e di questi l'ottanta per cento prevede anche la consegna a domicilio. Due gestori su tre riferiscono di aver ricevuto meno richieste dell'anno passato, quando però era disponibile soltanto il servizio di consegna a domicilio e non l'asporto.
Solo per il 13% c'è un segno positivo nelle prenotazioni e la maggior parte dei locali ha invece prenotato meno di 20 coperti. I piatti forti sono sempre agnello e capretto. Peggio ancora andrà a Pasquetta: per due locali su tre non è arrivata alcuna richiesta. Niente picnic sui colli, dunque, ma nemmeno pranzo da asporto in casa. Il presidente Alajmo è sconsolato: «Un anno fa si cantava sui balconi, ora molte famiglie sono in difficoltà economiche e il clima è completamente diverso. Serve una riapertura in sicurezza».