Covid, infezioni più gravi colpa di un difetto genetico familare: il test per scoprirlo

Lunedì 25 Gennaio 2021 di Elisa Fais
Il professore Andrea Vianello
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PADOVA La gravità dell'infezione da Coronavirus potrebbe essere scritta nei geni. É su questa ipotesi che ruota la ricerca condotta dal professor Andrea Vianello, direttore della Fisiopatologia respiratoria e coordinatore della Terapia subintensiva Covid dell'Azienda ospedaliera.

Nel corso di questi undici mesi nel suo reparto sono stati ricoverati un centinaio di malati Covid ed ora è in corso uno studio per capire perché intere famiglie sono state falcidiate dal virus. «Pare che all'interno di queste famiglie ci siano caratteristiche genetiche che predispongono a contrarre l'infezione in maniera grave specifica il professor Vianello . Abbiamo individuato una sovrapposizione tra la distribuzione dei casi gravi in Italia e l'andamento di un difetto genetico. La possibile spiegazione è che quel difetto genetico si caratterizza per alterare un meccanismo. Ovvero la sintesi di una specifica proteina, che effettivamente può servire a contrastare l'ingresso del virus nella cellula».

Più nel Nord Italia che nel Mezzogiorno, più nelle Americhe che in Asia e nel continente Africano: la distribuzione geografica dei decessi da Covid-19 sarebbe il risultato di questa tara genetica. «Per primi abbiamo pubblicato quest'ipotesi in un importante rivista scientifica di settore racconta Vianello -. Poco dopo l'uscita dell'articolo, sono stato contattato da ricercatori provenienti da Giappone, Israele e Stati Uniti, i quali hanno detto che condividevano quest'ipotesi e che anche loro lo stavano notando. Successivamente sono stati pubblicati altri articoli scientifici, che constatano come in altre aree del mondo ci sia una certa sovrapposizione tra la distribuzione di questo difetto e i casi gravi di Covid. Il difetto è più frequente in Europa e Sud America».

IL TEST Per verificare questa tesi è sufficiente analizzare la presenza di un determinato enzima attraverso un semplice esame del sangue, test che peraltro viene fatto di routine a tutti i pazienti che presentano gravi complicanze polmonari. «Per effettuare questo tipo di dosaggio serve che il paziente superi la fase acuta aggiunge -, l'intenzione è di ricercare l'enzima in tutti i soggetti ricoverati con gravi polmoniti nel nostro reparto. Non si tratta di un fatto raro, questo tipo di analisi si fa molto spesso anche ai pazienti non Covid». Del comportamento del virus non si sa tutto, ma quel poco è già molto. «La cosa più importante, un anno dopo, è far capire alle persone che questa malattia resta incurabile dice -. Non ci sono terapie efficaci e chi la contrae deve sperare di avere risorse sufficienti per superarla. Sono convinto che non tutto tornerà come prima». L'influenza stagionale quest'anno non si è fatta vedere, proprio grazie all'utilizzo massivo delle mascherine.

«In questo periodo il reparto di Fisiopatologia respiratoria scoppiava per i ricoveri a causa dell'influenza spiega Vianello -, con pazienti con riacutizzazioni di patologie respiratorie e con gravi polmoniti. Oggi non c'è traccia di tutto questo. Ricordiamo quanti decessi ha fatto la pandemia influenzale H1N1 del 2009, basterebbe usare la mascherina da novembre a gennaio per evitare ricoveri e morti. I giapponesi, soprattutto quando hanno sintomi, sono abituati a usare la mascherina per rispetto del prossimo. Basta poco per difenderci ed evitare di prendere una malattia che altrimenti diventa estremamente grave, se non incurabile». 

Ultimo aggiornamento: 16 Aprile, 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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