La Fiera si candida a polo per i vaccini, nel padiglione 15 le prove generali: 500 volontari alla mappatura dei contagi

Domenica 10 Gennaio 2021 di Nicoletta Cozza
I volontari in attesa del test rapido nel padiglione 15 della Fiera

PADOVA - La Fiera si candida a tutti gli effetti a diventare polo per contrastare la diffusione del Covid. Perché se due giorni fa Sergio Giordani nel corso della Conferenza dei sindaci l’aveva proposta come sede per l’effettuazione dei vaccini a partire dal primo febbraio, ieri, sempre all’interno dei padiglioni di via Tommaseo, è iniziato lo screening promosso dalla Regione, in collaborazione con la cattedra di Epidemiologia dell’Università di cui è titolare Vincenzo Balbo, per accertare la reale presenza del virus tra la popolazione, mappando soggetti che non sono venuti a contatto con i contagiati. 
E la massiccia campionatura su base volontaria voluta dal governo veneto, che ieri nel padiglione 15 ha interessato circa 500 persone, fra cui un centinaio di dipendenti del Comune, alcuni finanzieri e un gruppo della Croce Rossa, ha consentito al sito di incassare una promozione a pieni voti in vista dell’utilizzo per la campagna che porterà all’immunità di gregge.
Perché, come ha confermato anche il professor Stefano Merigliano, presidente della Scuola di Medicina, presente ieri in qualità di “supervisor” alla prima campionatura, è il luogo perfetto per tale finalità. «È facilmente raggiungibile, sia in auto che con i mezzi pubblici - ha annotato lo specialista - dispone di ampi spazi che garantiscono entrate e uscite diversificate, e quindi ha i requisiti per diventare una delle postazioni ideali per la vaccinazione di massa».

 

IL SINDACO: "SEDE IDEALE"
Anche Giordani ha presenziato all’effettuazione dello screening e ha condiviso il parere. «Entriamo in una fase - ha sottolineato - in cui non c’è tempo da perdere e tutte le istituzioni devono lavorare presto, garantendo massima sicurezza. Padova vuole dare risposte efficaci alle esigenze della sanità, per esempio mettendo a disposizione le migliori strutture logistiche. Io, da sindaco, lo sento come un dovere». «Pertanto - ha proseguito - anche se l’effettuazione dei vaccini avrà un costo per la Fiera, si tratta di una spesa oculata. In questo momento di sfida epocale è un investimento necessario per tutelare la salute, anche perché gli esperti dicono che dovremo convivere con il virus ancora per mesi. Non dobbiamo perderci d’animo, ma fare la nostra parte». «La Fiera - ha concluso il sindaco - ha requisiti validissimi per diventare il polo dove effettuare i vaccini: gli spazi sono ampi e modulabili, possono essere usati più padiglioni, riscaldati e dotati di impianti funzionanti, compresi i servizi igienici. Ora attendiamo il via libera dall’Ulss 6 alla quale spetta, dopo un sopralluogo che effettuerà a breve, definire il numero delle postazioni per i vaccini, che saranno 6 o 7, e l’organizzazione, mentre per la sosta dei veicoli è pronto il parcheggio dietro al padiglione 6.

A quel punto noi ci metteremo a disposizione senza indugi, in collaborazione con il presidente camerale Antonio Santocono, a cui va il merito di aver assecondato questa prospettiva utile e lungimirante».

LA MAPPATURA
A spiegare i dettagli dello screening avviato ieri a Padova, seconda città veneta dopo Mestre a effettuarlo, è stata Francesca Benciolini, assessore al Personale. «A inizio anno è arrivata una circolare dalla Regione in cui ci veniva chiesta la disponibilità da parte di 400 dipendenti di sottoporsi alla mappatura. Hanno aderito in 460 e 100 già ieri hanno partecipato, mentre altri 360 effettueranno i controlli martedì. Si tratta di persone residenti a Padova, che non hanno mansioni che implichino un contatto costante con il pubblico. In questo momento la collaborazione tra istituzioni è massima per garantire la mappatura finalizzata a valutare la situazione dei contagi in Comune. Ben venga, quindi, questo approfondimento per monitorare la salute dei dipendenti».
Nei dettagli sanitari è poi entrato il professor Merigliano. «Sono stati coinvolti - ha spiegato - varie figure professionali, tra cui medici, specializzandi e giovani che frequentano la scuola professionale per infermieri. È stato sottoposto a tampone un numero rappresentativo di soggetti non a rischio, in maniera da determinare l’effettiva presenza del virus, che non è certo quella evidenziata testando solo chi ha un’elevata probabilità di essere positivo. Vengono usati tamponi rapidi antigenici di terza generazione, il cui esito si conosce in 15 minuti e che hanno un’attendibilità simile a quelli molecolari. Questi rappresentano il futuro. Il risultato dei test alla fine viene certificato e inserito nel data base della Regione». 

Ultimo aggiornamento: 09:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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