Palù: «Contagi verso quota zero, ma non è tempo di brindare: probabile che il virus resti»

Lunedì 8 Giugno 2020 di Federica Cappellato
Giorgio Palù
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PADOVA - ​Professor Giorgio Palù, past president delle Società italiana ed europea di Virologia, il Veneto è quasi a quota zero contagi.
«Non userei toni trionfalistici, io non stappo lo champagne. È logico che, dal punto di vista matematico, a un certo punto si arriva allo zero: è evidente che c'è un calo del contagio, il venir meno dell'epidemia. Ma che il virus sia indebolito non vi è ancora nessun segnale in oltre ventimila sequenze genomiche depositate, nessun dato che confermi che è avvenuta una mutazione in uno dei geni importanti nella replicazione del virus nel modulare la risposta dell'ospite. Soprattutto, se guardate all'America, dove ormai si concentrano i due terzi dei casi, non ci sono evidenze che sia intervenuta una modificazione genetica che abbia disabilitato o reso il virus meno virulento».
E allora come la spiega questa curva decrescente fino all'azzeramento, con relativo svuotamento degli ospedali, soprattutto delle terapie intensive? 
«Nell'evoluzione naturale di ogni pandemia ci sono una fase di crescita, un picco e una decrescita perché il virus smette di trovare ospiti. Ricordo che l'indice di contagio, o meglio il cosiddetto numero di replicazione, l'R0 dell'inizio e l'Rt di oggi, dipende da tre fattori: quante persone sono infettate, quanto dura la replicazione del virus nell'organismo, il numero di contatti. Quello che sta avvenendo è che, dopo la fine del lockdown, sono naturalmente aumentati i contatti e infatti la curva non è discesa alla stessa velocità con cui è salita ma a un certo momento il virus non trova più spazio. Il fatto che stia diminuendo è dovuto a una sua naturale evoluzione: quando un virus si spegne ha sempre più difficoltà a incontrare ospiti da infettare».
L'epidemia in Cina è durata cento giorni, da noi potrebbe avere un andamento sovrapponibile visto che i famosi cento giorni sono stati raggiunti anche da noi?
«In Cina la curva è stata gaussiana: l'incremento dell'ascesa è specularmente rappresentato dal decremento percentuale nella fase di discesa, una perfetta curva a campana, geometricamente ineccepibile. Perché questo? Perché là avevano limitato in maniera massimale l'indice replicativo del virus: il lockdown era assoluto addirittura con la pena di morte. Noi naturalmente non abbiamo potuto applicare queste misure draconiane: ma così si spiega che da noi la curva è a campana nella fase ascendente, invece in quella discendente ha una lunga spalla». 
Forte della sua esperienza, l'autunno come lo vede? 
«Questa è la prima pandemia da Covid-19 manifestatasi nel nostro pianeta: la popolazione si è trovata esposta a un nuovo pericolo pandemico, vergine dal punto di vista immunitario. Il virus che più gli si avvicina per via di diffusione è l'influenza che si diffonde parimenti per via aerea: ecco, l'influenza si è sempre ripresentata l'inverno successivo, cito la Spagnola, ricordo l'H1N1, H2N2, H3N2, anche l'H1N1 del 2009. Questi virus poi sono rimasti con noi; non mi azzardo, ma dico che è probabile che il Covid torni, e lo dico per similitudine, per somiglianza con quanto ho visto verificarsi finora. La memoria che abbiamo della virologia moderna va dal Milleottocento ad oggi, appena due secoli durante i quali abbiamo assistito a quattro pandemie influenzali, respiratorie. È possibile che si ripresenti, speriamo mitigato come gli altri virus del raffreddore. È probabile che rimanga endogeno». 
La mascherina su bocca e naso, lei continua a portarla?
«Se sono in montagna nella mia malga solitaria in Austria, no. Al mare cercherei di evitare gli assembramenti; se mi reco al ristorante la indosso, togliendola per mangiare. Concludo dicendo una parola: prudenza. In Lombardia il virus sembra stia riprendendo proprio in questi giorni. Perciò andiamo cauti. Ripeto, lo champagne io lo tengo in frigo».
Federica Cappellato 
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Ultimo aggiornamento: 09:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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