Coronavirus. Albergatori, difficile immaginare la ripartenza da "prenotazioni zero"

Domenica 26 Aprile 2020 di Nicoletta Cozza
L'area termale euganea, un paradiso senza prenotazioni
PADOVA - Lo scorso anno il fatturato degli alberghi era stato di 618 milioni di euro. In pratica, mediamente, due milioni e mezzo per ciascuna struttura ricettiva della città, della provincia e delle Terme. Nel 2020, però, i numeri hanno già subito un crollo vertiginoso, con un calo di presenze che, nella migliore delle ipotesi si attesterà al 70%, pari a ben 400 milioni di euro nell’arco dei 12 mesi. Gli effetti del lockdown, quindi, stanno mettendo a durissima prova la tenuta di alberghi e bed and breakfast, oltre che delle strutture e dei lavoratori a essi collegate, come agenzie di viaggio, ristoranti, accompagnatori turistici e società di trasporti. I titolari di diverse strutture ricettive, a causa delle difficoltà economiche in cui si dibattono, hanno già annunciato che non sono nelle condizioni di poter riaprire nelle prossime settimane. Significative, a questo proposito, sono le risposte che si evidenziano in un questionario distribuito dal Consorzio turistico Dmo, dal quale emergono numeri che denunciano le grandi difficoltà che sta attraversando il settore: il 95% delle prenotazioni che erano state fatte sino al 31 maggio è stato annullato e il 100% degli eventi congressuali, previsti soprattutto nella zona termale, è stato sospeso. La previsione per il periodo marzo-settembre è di una riduzione degli arrivi compresa tra il 70 e il 100%. E sempre sul 70% si attesta la percentuale di clienti che non hanno dato conferma per i pernottamenti estivi.
PROSPETTIVE
«Anche se oggi è ancora un po’ prematuro entrare nei dettagli – sottolinea Roberto Crosta, presidente appunto del Consorzio Dmo – visto che non sapremo quali regole ci saranno imposte dai prossimi decreti, è evidente che ci troviamo di fronte alla scelta obbligata di modificare e riqualificare l’offerta  per richiamare visitatori nel nostro territorio. Non più, quindi, mostre o convegni, ma il post quarantena ci obbliga a puntare su proposte outdoor, vale a dire passeggiate sui Colli, o itinerari all’aperto, anti contagio, a piedi, o in bicicletta». «In aggiunta – ha detto ancora il numero uno della Dmo – dobbiamo comunque pensare all’organizzazione, entro la fine dell’anno, di due grandi eventi, come una mostra o un concerto, per i quali, però, siano garantiti ingressi contingentati, accompagnamento virtuale e distanze sociali. Inoltre l’outdoor dev’essere qualificato, con il rilancio dei percorsi naturalistici sui Colli Euganei, e proposte di livello anche per il turismo fluviale, che adesso vogliamo promuovere con maggiore forza. Sono tutte opzioni che, se da un lato scongiurano gli assembramenti, dall’altro hanno un appeal per continuare a far sì che Padova sia una meta turistica tra le più gettonate. Infine, tenuto conto che Padova è stata un punto di riferimento per le cure anti Coronavirus, diventando un esempio a livello internazionale, contiamo che tutto ciò abbia un riscontro positivo per la congressistica medica».
PREOCCUPAZIONE
Molta preoccupazione per quanto accadrà nei prossimi mesi si evince pure dalle riflessioni di Monica Soranzo, presidente di Federalberghi Ascom. «Per noi – annota – ripresa significa attendere che tutti ripartano, perché saremo gli ultimi. Tra l’altro nessun decreto ci ha imposto la chiusura, ma abbiamo dovuto sospendere l’attività, e mettere in cassa integrazione i dipendenti, perché ovviamente in questo periodo negli hotel non è venuto nessuno. Dal 22 febbraio le stanze si sono svuotate e sono iniziate le telefonate per le disdette: nei nostri alberghi da adesso e fino a Natale non abbiamo nessuna prenotazione. A marzo a Padova abbiamo avuto complessivamente una perdita di fatturato pari a un milione di euro al giorno. E in questo momento ancora non riusciamo neanche a immaginare come potrebbe essere la riapertura. Certo, posiamo aspettare che qualcuno arrivi, ma nel frattempo cosa facciamo? Nessuno finora ci ha aiutato nonostante il 13% del Pil nazionale sia attribuibile al turismo. Speriamo che almeno ci azzerino le tasse, come quella dei rifiuti, per il periodo che non abbiamo lavorato, o una riduzione dell’Imu». «Ho contattato alcuni colleghi – prosegue l’albergatrice – e per ora a Padova non c’è nessuno che a stretto giro abbia intenzione di ricominciare l’attività. Alcuni sono disperati e non sanno neppure come pagare l’affitto. Confidiamo sul fatto che i viaggiatori italiani, con l’intento di supportare la nostra economia, decidano di iniziare a spostarsi e quindi vengano. Tra l’altro non abbiamo ancora indicazioni precise sui protocolli di sicurezza che dobbiamo adottare. Scontati guanti e mascherine, dovremo chiudere le aree comuni, annullare i buffet delle colazioni e servirle esclusivamente ai tavoli. Nelle sale dei ristoranti questi ultimi dovranno essere ben distanziati. Insomma dobbiamo rivedere anche la sistemazione prima di ripartire».
LE TERME
I medesimi timori sono condivisi pure da Emanuele Boaretto, presidente di Federalberghi Terme: «Siamo in un momento di enorme difficoltà, che ci fa vivere in uno stato d’ansia. Speriamo che ci possa essere una ripresa, ma intanto cerchiamo di immaginare come sarà la vita negli alberghi. Sì, i clienti indosseranno guanti e mascherine, noi distanzieremo i lettini a bordo piscina, in acqua gli ospiti dovranno stare lontani l’uno dall’altro, ma non potremo essere responsabili dei comportamenti di chi non rispetterà le regole. Ci vorrà una grande attenzione e tutti dovranno fare la loro parte. Inizia una fase nuova e serve tanta buona volontà per superare un momento drammatico, con numeri impressionanti dopo la quarantena. E non possiamo certo accettare che i nostri alberghi diventino ospedali: dovranno rimanere luoghi di vacanza e non reparti per la degenza degli ammalati. E se il calo delle presenze si attesterà sul 60% potremo considerarci fortunati».
 
 
Ultimo aggiornamento: 15:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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