Come si diventa chirurghi? Al Museo della Medicina di Padova il robot con il quale si prova il brivido della sala operatoria

Venerdì 12 Febbraio 2021 di Nicoletta Cozza
Come si diventa chirurghi? Al Museo della Medicina di Padova il robot con il quale si prova il brivido della sala operatoria

Da oggi, e ogni venerdì, al Museo della Medicina di Padova (Musme) in funzione il robot Leonardo Da Vinci. I visitatori potranno simulare i gesti di un medico in sala operatoria durante un intervento ospedaliero e scoprire così l'anatomia del corpo umano. Il presidente Francesco Peghin: «Siamo gli unici in Italia capaci di riunire la storia della medicina alle nuove frontiere della cura».


IL PROGETTO


Il robot Da Vinci si trova nell'ultima stanza.

E fino a marzo sarà a disposizione di chiunque voglia provare a trasformarsi in un chirurgo che opera con il robot Da Vinci, il sistema in questo momento più evoluto al mondo, che garantisce la massima precisione anche nei meandri più reconditi dell'organismo. Una suggestione indescrivibile a cui si arriva dopo un percorso altrettanto coinvolgente, perché nelle sale precedenti, invece, l'impatto è con la Medicina, antica e moderna, declinata in tutte le sue sfaccettature, cioè storia, arte, antropologia e tecnologia, grazie un'esposizione immersiva di straordinaria efficacia, con exhibit interattivi, video, giochi multimediali e ologrammi, supportata però da una nutrita presenza di strumenti e reperti reali, utilizzati nel corso dei secoli per imparare a conoscere prima, e curare poi, il corpo umano. 


NELL'ANTICO OSPEDALE

Il Musme, Museo di Storia della Medicina allestito in centro a Padova dove anticamente c'era l'ospedale San Francesco, infatti, ha riaperto al pubblico dopo il lockdown proponendo ai visitatori di cimentarsi con il più evoluto sistema robotico per la chirurgia mini invasiva, che si può addirittura provare oggi - e ogni venerdì - dalle 16 alle 20: sedendosi alla consolle operativa, quindi, un visitatore, con le mani collegate a due manipolatori che funzionano proprio come fossero i joystick di un videogame, manovra i bracci robotici e simula esattamente i movimenti di un chirurgo: non ci sono, però, cuori, reni o fegato su cui sperimentare le proprie abilità, bensì, in base ai livelli diversificati a seconda dell'età, dei cerchietti da inserire in coni dello stesso colore nel caso a operare sia un bambino, oppure, se si tratta di un adulto, un ago che cuce una spugna, come se fosse la sutura sull'organo di un paziente. E la possibilità di effettuare degli zoom consente ingrandimenti fino a 10 volte. Nel contempo, attraverso un monitor altre persone presenti possono seguire l'intervento simulato. Il robot Da Vinci, che porta il nome di Leonardo in virtù del fatto che quest'ultimo fece degli studi rilevanti nel campo dell'anatomia, non è la prima volta che diventa protagonista di un'esposizione: lo era già stato nel 2012 alla Biennale di Venezia, oltre che al Centre Pompidou di Parigi e a l'Hummer Museum di Los Angeles.


IL RACCONTO

Grazie a un filo conduttore che lega passato e futuro, il Musme, unica realtà italiana di questo genere, narra l'affascinante percorso della Medicina da disciplina antica, a scienza moderna, ispirandosi in una buona parte alla Scuola medica padovana. E non a caso si trova nel palazzo quattrocentesco sede del primo hospitale padovano, realizzato nel 1414 dai coniugi Sibilia de' Cetto e Baldo da Piombino, dove nella seconda metà del 500 gli specializzandi di allora imparavano la pratica clinica al letto dei malati. Il percorso espositivo, aggiornato costantemente dal punto di vista scientifico dall'Università, coinvolge i visitatori partendo dal motto vietato non toccare e si snoda su tre piani con 8 spazi telematici, dedicati ciascuno a un organo, o a un apparato. Curiose, ma con effetto più che esauriente, le 7 grandi porte virtuali, con un batacchio in ferro vero e proprio: bussando, il toc toc fa scattare l'apertura e la comparsa di un personaggio protagonista della storia della medicina padovana, che sviscera il tema che affronta la sala in cui ci si trova. 


LA NOBILDONNA RACCONTA

La prima è dedicata all'ex Ospedale di San Francesco Grande e a narrarla è la stessa Sibilia de' Cetto, la nobildonna che assieme al marito l'aveva progettato. Le peculiarità del complesso, invece, sono evidenziate da un grande plastico, mentre Giovanni Battista da Monte illustra l'importanza di introdurre la pratica anatomica e quella clinica nella facoltà di Medicina. A spiegare i contenuti della seconda è la figura virtuale di Galileo Galilei che parla del Bo e della sua centralità nella Rivoluzione Scientifica, mentre la proiezione sul soffitto ricorda la stretta relazione tra Astrologia e Medicina antica. Ai piani superiori, poi, ci sono quattro saloni che si soffermano ciascuno su uno degli aspetti più moderni delle Scienze mediche: Anatomia, Fisiologia, Patologia e Terapia. Tra le curiosità offerte ai visitatori c'è la possibilità di sfogliare virtualmente preziosi libri antichi, tra cui quelli di Galeno, le cui pagine vengono proiettate su una struttura a forma di volume, oppure di vedere svelati su uno specchio magico ossa o muscoli, o ancora di auscultare cuore e polmoni, e di osservare al microscopio i germi patogeni, fra i quali a breve verrà aggiunto anche il Covid. Alla fine si entra nello straordinario Teatro Anatomico Vesaliano, con un modello di corpo umano lungo 8 metri, utilizzando il quale è possibile assistere a lezioni di anatomia. 


Oltre ai libri cartacei e digitali, sono esposti reperti reali, come i crani frenologici, studiati un tempo per dedurre la personalità e le caratteristiche psicologiche dell'individuo a cui appartenevano, un po' come faceva Cesare Lombroso, uno dei padri dell'antropologia criminale. Ci sono poi altre parti del corpo, come mani e piedi , reperti anatomici tannizzati, e la riproduzione in cera di alcuni organi. Non mancano una sezione dedicata al primo trapianto di cuore effettuato dal professor Vincenzo Gallucci a Ilario Lazzari, che mostra il primo cuore artificiale impiantato in Italia, e un'altra in cui protagonista è il polmone d'acciaio, all'interno del quale vivevano rinchiusi i ragazzini colpiti da poliomielite. Infine, ultima tappa, le protesi stampate in 3d, la bici di Alex Zanardi e il fioretto di Bebe Vio. 


LE RIFLESSIONI

Nel 2008, sette anni prima dell'inaugurazione della struttura espositiva, Regione, Università, Provincia, Comune, Azienda Ospedaliera e Ulss hanno costituito la Fondazione Museo della Medicina, di cui è presidente Francesco Peghin. «A Padova - spiega quest'ultimo - abbiamo un Museo che è unico in Italia, un'eccellenza, la cui realizzazione è stata possibile grazie a una joint venture tra pubblico e privato. Ma per continuare a mantenerlo in vita c'è bisogno del sostegno di tutti, non solo delle istituzioni. Tenere viva la memoria di quella che è stata la culla della Medicina nel Veneto ritengo sia un dovere civile. La sua rilevanza, per esempio, si è vista nell'ultimo periodo quando ha svolto un ruolo importante per diffondere la cultura della salute, affrontando tematiche di grande attualità, come quella dei vaccini. E non è un caso se nel 2019 ha accolto 50mila visitatori, mentre durante il lockdown ci sono state le visite virtuali da parte di 900 scuole».

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