Mirko torna a casa: «Ma per la bimba sono pronto a tutto»

Lunedì 16 Dicembre 2019 di Gabriele Pipia
Mirko torna a casa: «Ma per la bimba sono pronto a tutto»
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BRUGINE - Da Cartagena a Panama, da Panama a Madrid e da Madrid a Venezia. Ventiquattro ore di volo da un continente all'altro, attraversando l'oceano e provando a lasciarsi l'incubo alle spalle. Mirko Coccato, trentanovenne di Brugine, alla mezzanotte di sabato è tornato a casa. Sognava di farlo con la propria moglie e con la bambina che aveva deciso di adottare, invece è volato da una parte all'altra del mondo da solo. Ripensando alla sua piccola e a quelle due notti passate in una cella del posto di polizia. «Ho vissuto una terribile esperienza, ma ho chiarito di aver fatto tutto in buona fede - racconta stanchissimo e ancora sconvolto -, ora devo tornare a lavorare e intanto attendo notizie da qui». 
 
IL CONTROLLO
Mirko Coccato, sposato da dieci anni con una donna colombiana con la quale vive a Brugine, lavora per una ditta grossista del mercato agroalimentare di Padova. Era partito per il Sudamerica il 28 novembre con l'intenzione di adottare la figlioletta appena partorita dalla cugina della moglie. «La mamma naturale vive in Colombia e aveva intenzione di abortire - ha raccontato nei giorni scorsi - perché era rimasta incinta ma non poteva permettersi di mantenere questa bambina. Sarebbe stata una ragazza-madre. Noi ci eravamo proposti per aiutarla, ma lei non voleva farla crescere in quel Paese. Allora abbiamo deciso di adottarla e portarla in Italia». Il problema, però, è che la procedura da lui seguita non bastava affatto: «Mi sono fidato di un avvocato colombiano che mi ha consigliato male - ha ammesso Coccato -, credevo bastasse riconoscere la figlia e dichiararmi padre, invece avrei dovuto passare per un giudice e fare un'adozione seguendo la legge». Martedì al momento di partire per l'Europa Coccato è stato fermato all'Ufficio Immigrazione dell'aeroporto di Cartegena e posto in stato di fermo. Due notti in cella in attesa che i funzionari controllassero tutti i suoi documenti, prima di rilasciarlo giovedì. 
L'ATTESA
«Mi sono fidato di chi non dovevo e so di essere stato troppo precipitoso. Ora mia moglie è rimasta lì sperando di riuscire a fare tutte le carte necessarie per poter regolarizzare l'adozione e partire. La bimba è stata portata in una comunità apposita e non verrà ridata alla madre naturale perché lei non ha le risorse per mantenerla. Io sono tornato a casa ma lei lì sta cercando di mettere a punto tutte le procedure. Ho capito dove abbiamo sbagliato ma adesso sogno ancora di portare quella bimba in Italia. La considero mia figlia e, se serve, sono pronto a ripartire». 
I REQUISITI
La procedura necessaria per l'adozione è riportata nel dettaglio sul sito della Commissione per le adozioni internazionali, dove la Colombia ha una propria scheda come ogni altro Paese. «La coppia dà l'incarico di avviare la procedura di adozione internazionale ad un ente autorizzato - si legge - , il quale trasmette il fascicolo all'Autorità colombiana. Alla coppia viene sottoposta la proposta di abbinamento con un minore o viene assegnato un minore con l'abbinamento diretto, anche con bisogni speciali. Se accetta l'abbinamento, la coppia si reca in Colombia. I tempi tra l'abbinamento e la partenza possono variare da 1 a 3 mesi e i tempi di permanenza sono dai 40 ai 50 giorni. Poi il Tribunale pronuncia la sentenza di adozione. L'ente autorizzato segue la fase della post-adozione e trasmette in Colombia le relazioni concernenti l'integrazione del minore». No, non è affatto una procedura semplice e veloce. 
Gabriele Pipia
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Ultimo aggiornamento: 12:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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