PADOVA - Una carta Pokémon, i simpatici mostri immaginari creati in Giappone nel 1996, può valere anche decine e decine di migliaia di euro. I collezionisti sono pronti a spendere cifre esorbitanti per aggiudicarsi la più rara. E un nomade di Terrassa Padovana ha capito di poter racimolare un mucchio di soldi raggirando gli amanti dei protagonisti dei videogiochi nipponici.
Ma gli è andata mala ed è stato indagato per truffa.
I FATTI
Gabrielli, secondo l’accusa, ha effettuato una serie di inserzione su Internet per la vendita di alcune carte Pokémon da collezione. È stato contattato da un cliente di Pesaro. I due si sono accordati per il prezzo e al marchigiano sono arrivate, attraverso un pacco postale, le carte pattuite. Insomma, visti i buoni affari iniziali era sicuro di potersi fidare di quel venditore.
Così quando Gabrielli, sempre secondo l’accusa, gli ha proposto rarissime carte Pokémon per un valore complessivo di 40 mila euro ha accettato. Ma prima di pagare voleva vedere la merce. Così il 7 giugno di quest’anno ha dato appuntamento al nomade davanti al Centro Ingrosso Cina di Corso Stati Uniti. Il marchigiano è arrivato con una valigetta con i 40 mila euro. Quando i due si sono trovati faccia a faccia Gabrielli, sempre secondo l’accusa, invece di mostrargli le carte Pokémon gli ha sfilato con destrezza la valigetta dalla mano ed è scappato con il bottino.
LE INDAGINI
Il collezionista di Pesaro, rimasto senza soldi e senza carte Pokémon, ha presentato denuncia per il reato di truffa aggravata. E così sono scattate le indagini da parte della Procura. Gli inquirenti hanno perquisito l’abitazione di Gabrielli all’interno del campo nomadi di via Rena a Terrassa Padovana.
Qui hanno trovato e sequestrato alcune carte Pokémon. La loro provenienza non è stata accertata, ma di sicuro non fanno parte di quelle rubate nel furto al grossista di Curtarolo nell’autunno dell’anno scorso. Quindi il raggirato ha effettuato davanti agli investigatori il riconoscimento facciale del presunto truffatore: attraverso una foto ha riconosciuto in Gabrielli il venditore di Corso Stati Uniti. Le indagini sul caso sono state chiuse e adesso il nomade rischia di finire davanti al giudice. Da quanto ricostruito dagli inquirenti avrebbe raggirato solo il collezionista di Pesaro.